(vedico Mitra-, avestico Mithra-) Divinità indoiranica associata con Varuna; insieme rappresentano i due aspetti, diurno e notturno, del cielo e due aspetti dell’ordine umano e cosmico: Varuna punisce i trasgressori, M. garantisce i patti e protegge i giusti.
La menzione più antica di M. è in un’enumerazione di divinità del pantheon mitannico del 14° sec. a.C. Nel mazdeismo iranico M. è solo uno degli yazata «venerabili», non un dio; ma nomi di feste e residui di miti dimostrano che, anteriormente alla riforma monoteistica di Zaratustra, M. era un dio importante nella religione iranica e tale rimaneva nella fede popolare nonostante il monoteismo della teologia ufficiale. Pervenuto, con l’espansione persiana, in Babilonia, M. entrò in formazione sincretistica con il dio solare babilonese Shamash, quindi, durante lo sgretolamento dell’Impero persiano, diventò, nell’Asia Minore, oggetto di un culto particolare (mitraismo), che dalle comunità persiane sopravvissute nell’Asia Minore si diffuse successivamente nell’Impero romano, sotto forma di misteri.
I misteri di M. si distinguono nettamente dagli altri misteri d’origine orientale soprattutto per tre caratteristiche fondamentali: l’iniziato non pretende di identificarsi con il dio; il dio non muore e non risorge; accanto al dio non figura alcuna grande divinità femminile. M. è modello e protettore dell’iniziato. Il mito sacro del mitraismo si ricostruisce soprattutto in base alle numerose raffigurazioni ritrovate nei mitrei: M. nasce da una roccia (petra genetrix) con una fiaccola e con un coltello nelle mani; inizia ai propri misteri il Sole; il dio sale sul carro del Sole; con un colpo di freccia fa scaturire l’acqua da una roccia; infine, ed è questo il suo atto centrale, uccide il toro cosmico che, morendo dà vita all’universo. Il carattere cosmico di M. è sottolineato dalla presenza nei suoi santuari di due figure, Cautes e Cautopates (nomi di M. stesso), una con la fiaccola tenuta in alto, l’altra con la fiaccola abbassata, e messe in rapporto con l’aurora e con la primavera la prima, con il tramonto e l’autunno la seconda. Nel mitraismo vi era una gerarchia iniziatica di sette gradi, ciascuno riferito a una delle sette sfere planetarie. Queste ultime hanno un’importanza anche nell’escatologia mitraica: con l’aiuto di M., l’anima dell’iniziato passa attraverso le sette sfere, deponendo in ciascuna una delle passioni umane, per arrivare pura nel cielo. Il carattere vittorioso (invictus) del dio, la disciplina gerarchica dell’iniziazione, l’antica idea persiana dell’eterno combattimento contro il male danno a questi misteri un carattere guerriero che spiega il favore che essi incontrarono nell’esercito e presso gli imperatori stessi.
Infatti il mitraismo, introdotto a partire dal 1° sec. d.C. in Italia, si sparse in tutto l’Impero, specie nelle province di confine dove fu propagato dalle guarnigioni militari. L’imperatore Commodo vi si fece iniziare e altri imperatori successivi, fino a Giuliano l’Apostata, contribuirono al suo prestigio. Il mitraismo penetrò così, benché non nella sua stretta forma di misteri, anche nella religione pubblica, dove venne identificandosi con il culto del Sole. Fu rivale potente del cristianesimo e tra le due religioni vi fu probabilmente qualche influsso reciproco (il Natalis Solis mitraico, per es., fissato al 25 dicembre, solstizio invernale, passa nel cristianesimo come ‘Natale’; ma l’ultima cena attribuita, a quanto pare, a M. come fondamento del banchetto rituale mitraico sembra un calco pagano sull’ultima cena di Gesù Cristo).
Il luogo dove si svolgeva il culto mitraico nel mondo ellenistico-romano era il mitreo, detto in latino spelaeum, per analogia con la primitiva grotta natale del dio. Non potendo che rarissimamente avere grotte a disposizione per svolgere il culto, gli iniziati cercarono almeno di sfruttare nei centri urbani ambienti sotterranei come quelli di terme o semisotterranei come criptoportici.
Nei rilievi e nei gruppi a tutto tondo trovati nei mitrei, M. appare giovanile con testa sbarbata e ricciuta sormontata dal cappello frigio. Indossa il costume orientale con tunica manicata e brache aderenti, ha un mantello svolazzante trapuntato con le sette stelle. È per lo più raffigurato nell’atto di uccidere il toro accosciato, sul cui dorso poggia il ginocchio sinistro, in composizione triadica con Cautes e Cautopates ai lati della bestia.