Alimentazione del bambino, o del nato di un animale, per mezzo del latte.
L’a. del bambino si distingue in naturale, in cui il neonato succhia il latte direttamente dal seno della madre; artificiale, quando è ottenuto con prodotti derivati dal latte vaccino; misto, con poppate al seno integrate da allattamento artificiale. Nel corso degli ultimi decenni la cultura pediatrica ha posto in evidenza l’alta valenza nutritiva e immunizzante del latte materno, sottolineando al tempo stesso le implicazioni emotive dell’esperienza dell’a. al seno per la coppia madre-bambino. I bambini allattati al seno mostrano fabbisogni affettivi che sembrano inferiori rispetto a quelli dei bambini allattati artificialmente.
La composizione del latte umano in nutrienti è nettamente differente da quella del latte vaccino, pur presentando quest’ultimo un bilancio energetico simile. Il contenuto proteico (0,9%) è circa un quarto rispetto a quello del latte vaccino (3,5%). Il contenuto in grassi è simile, ma nel latte umano sono rappresentati maggiormente il colesterolo e i grassi insaturi, e fra questi in particolare i polinsaturi a catena lunga, che svolgono funzioni essenziali per lo sviluppo delle strutture nervose nei primi tre mesi di vita. Nel latte umano il glucide principale è il lattosio, ma sono presenti in percentuali variabili anche altre componenti glucidiche implicate nella difesa delle superfici mucose dalle infezioni e nello sviluppo dei tessuti; sali e minerali compaiono in quantità inferiori rispetto al latte vaccino, diminuendo il carico renale dei soluti, ma hanno caratteristiche intrinseche e relazioni con altri nutrienti che li rendono meglio utilizzabili o ne favoriscono un maggiore assorbimento. Infine, le vitamine idrosolubili e liposolubili sono presenti in concentrazioni adeguate (con l’eventuale eccezione della vitamina D). Il latte materno si definisce, a seconda dei tre stadi successivi di produzione, come colostro, latte di transizione, latte maturo. La composizione del latte, all’interno di ogni stadio, cambia durante il giorno e nel corso della poppata stessa: si ritiene che questi cambiamenti riflettano l’evoluzione dei fabbisogni nutrizionali del lattante.
Uno fra i contributi più importanti del latte materno è costituito dai fattori immunologici. Nonostante questi fattori di difesa, malattie come l’epatite B e l’AIDS possono essere trasmesse da madri portatrici attraverso il latte.
Le notevoli differenze qualitative del latte vaccino rispetto a quello materno hanno portato allo sviluppo di formule (cosiddette adattate) derivate dal latte vaccino con modifiche atte a correggerne gli squilibri principali e ad assicurare un prodotto adeguato per quei neonati che non possono essere allattati al seno (per scelta o per sopravvenuta agalattia materna); alcune caratteristiche nutrizionali – per es. il contenuto di fattori proteici di difesa e a funzione ormonale, la biodisponibilità di alcuni minerali, la variabilità nel corso del tempo – non sono, però, almeno al momento, riproducibili.
L’a. materno presso alcuni gruppi umani è spesso caratterizzato dalla sua lunga durata (normalmente 2-4 anni, ma presso alcuni gruppi asiatici e australiani anche 5-6 anni). Questo aspetto sembra dipendere in parte dalla difficoltà dei gruppi nomadi o seminomadi a procurare un nutrimento adatto ai bambini, in parte dalla consapevolezza dei pericoli dello svezzamento. Presso vari popoli nel periodo dell’a. vige il divieto dei rapporti sessuali, comportamento che è stato anch’esso messo in rapporto con la durata dell’a., poiché questa sarebbe legata alla necessità di controllare le nascite e di limitare il numero di figli che ogni singola donna può allevare.