Le convenzioni costituzionali sono regole politiche, cioè regole che nascono da un accordo o un consenso tra attori politici o soggetti istituzionali, e che, tuttavia, rivestono una grande importanza per il diritto costituzionale, soprattutto con riferimento alla forma di governo (Forme di Stato e forme di governo). L’esperienza giuridica dove storicamente le convenzioni costituzionali sono nate e dove tuttora viene riconosciuto loro un ruolo preminente è il regno Unito: tutti i caratteri peculiari dell’assetto istituzionale britannico sono, infatti, il prodotto di specifiche convenzioni costituzionali (la fiducia parlamentare, la nomina del Primo Ministro, lo scioglimento della Camera dei comuni ecc.). Britannica è anche la dottrina che le ha studiate più a fondo: basti pensare che le convenzioni costituzionali sono state oggetto di studio da parte di giuristi come Marshall, Jennings, e Dicey, che ad esse dedicò un capitolo specifico della sua opera sul diritto costituzionale inglese.
Le convenzioni costituzionali rivestono una certa importanza, anche se minore in virtù del suo carattere scritto e rigido anche per quanto riguarda l’ordinamento repubblicano italiana (Revisione costituzionale): ad esempio, gran parte del procedimento di formazione del Governo e, in particolare, la fase delle consultazioni si basa esclusivamente su convenzioni costituzionali. In proposito, non sempre agevole è distinguere tra convenzioni e consuetudine costituzionale. In linea di principio, la convenzione si distingue dalla consuetudine costituzionale perché solo la seconda e non la prima ha il requisito della giuridicità: le convenzioni costituzionali, pur se di tutto rilievo, non sono infatti fonti del diritto e non sono quindi suscettibili di applicazione giudiziaria. Esse non sono infatti altro che regole politiche, valide e applicate fintanto che non vengono mutate da quegli stessi attori politici o soggetti istituzionali che le hanno poste in essere. Questo non vuol dire, dunque, che le convenzioni costituzionali siano prive di una loro vincolatività. D’altra parte, è anche vero che un comportamento, disciplinato da una convenzione, può, con il passare del tempo e la sua costante reiterazione, trasformarsi in una vera e propria consuetudine costituzionale, quando lo sorregga la convinzione soggettiva, oggettivamente verificabile, della sua obbligatorietà giuridica.
Consuetudine. Diritto costituzionale