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Fonti del diritto

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Generalmente, per fonti del diritto si intendono tutti gli atti o fatti capaci di innovare un ordinamento giuridico. L’espressione fonti del diritto è una espressione metaforica quanto mai risalente: l’immagine naturalistica della sorgente da cui sgorgherebbe il diritto oggettivo si ritroverebbe, infatti, già nell’ambito del diritto romano. A prescindere dalla presenza (o meno) di questa espressione, la problematica delle fonti del diritto è presente nella compilazione giustinianea, sia nelle Istituzioni che nel Digesto. Le fonti del diritto, da oggetto di studio dei cultori del diritto civile (basti pensare che la loro disciplina era ed è tuttora contenuta in gran parte dei codici civili europei, ivi compreso lo stesso codice civile italiano del 1942) o anche dei filosofi del diritto, sono divenute ormai un tema «classico» del diritto costituzionale.

Le ragioni di questo cambiamento vanno cercate, da un lato, nell’affermazione del positivismo giuridico tedesco, in virtù del quale si è pensato alla legge come la manifestazione suprema della volontà statale e, dall’altro, nelle teorie di H. Kelsen, che identificano la Costituzione nelle «norme sulla normazione». Tuttavia, occorre dire che, rispetto alle trattazioni ottocentesche – imperniate sulla primazia della legge statale e sulla sua superiorità nei confronti di tutte le altre fonti del diritto (in primis della consuetudine: Consuetudine. Diritto costituzionale), nonché sulla distinzione tra legislazione e giurisdizione – il tema delle fonti del diritto appare oggi alquanto più articolato.

Uno dei fattori che più hanno contribuito a questa complicazione è stato senza dubbio l’avvento delle costituzioni rigide e del sindacato di costituzionalità delle leggi (Corte costituzionale). In primo luogo, ciò ha comportato la perdita di centralità della legge, che ancora oggi continua ad essere chiamata fonte primaria, ma che da parte di alcuni studiosi è ritenuta di contenuto non più libero, ma vincolato dai principi costituzionali. È certo, comunque, che la Costituzione italiana ha superato l’idea ottocentesca dell’esclusività della legge statale, istituendo, in molte materie, una serie di fonti primarie a competenza riservata, sulle quali la legge non può più intervenire: basti pensare, ad esempio, ai regolamenti parlamentari (artt. 64 e 72 Cost.) o alle materie che il «nuovo» art. 117, co. 2, 3 e 4, Cost. attribuisce alla potestà legislativa regionale. In secondo luogo, come ha rilevato Paladin, il regime delle fonti del diritto condiziona la giurisprudenza costituzionale, ma ne è, a sua volta, condizionato.

Un ulteriore fattore di complicazione del sistema delle fonti del diritto è rappresentato dal ruolo sempre più incisivo che vengono ad assumere, nell’ambito dell’ordinamento italiano, le quelle dell’U.E. (Fonti del diritto dell’U.E.) e, in particolare, le sentenze della Corte di giustizia dell’U.E. Di conseguenza, risulta oggi più problematica l’esclusione della giurisprudenza dall’ambito delle fonti del diritto, con la motivazione che essa, a differenza di quel che accadre negli ordinamenti di common law, non apparterrebbe al momento «creativo» del diritto, ma soltanto a quello «applicativo».

Le odierne trattazioni italiane delle fonti del diritto sono debitrici della fondamentale riflessione di V. Crisafulli. Una prima questione riguarda la distinzione tra le fonti di produzione (gli atti e i fatti giuridici abilitati a creare diritto oggettivo) e le fonti di cognizione (gli atti scritti, provenienti da pubbliche autorità, tesi a rendere conoscibile il diritto vigente, come nel caso della Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana): è opinione comune che queste ultime non siano vere e proprie fonti del diritto. Una seconda rilevante distinzione è quella tra fonti atto e fonti fatto: mentre le prime sono atti volontari imputati a soggetti determinati e costituenti esplicazione di un potere loro conferito (tali sono, per esempio, le leggi statali o le leggi regionali o i regolamenti del singolo Ministro o dell’intero Governo ecc.), le seconde, pur potendo consistere in comportamenti umani, sono prese in considerazione dall’ordinamento giuridico senza alcun riferimento a circostanze soggettive e volontaristiche (tipica fonte-fatto è, infatti, la consuetudine: Consuetudine. Diritto costituzionale). Lo stesso Crisafulli aggiungeva, però, che la linea di confine tra le due categorie è meramente convenzionale.

Collegato a quest’ultimo profilo è un ulteriore problema teorico circa l’esclusività del sistema legale delle fonti del diritto, ovvero se sia ammissibile o meno l’esistenza di fonti extra ordinem (e cioè di fonti non previste dallo stesso ordinamento giuridico). Le opinioni sul punto sono varie: alcuni studiosi – è il caso di C. Mortati o di Romano – hanno teorizzato, in particolare, che la necessità è un’autonoma fonte del diritto; altri, sulla base di una posizione normativista, l’hanno decisamente negato, sottolineando che il nostro sistema costituzionale delle fonti del diritto è un sistema «chiuso»; altri ancora – è il caso, ad esempio, dello stesso Crisafulli – pur contestando sul piano dogmatico l’ammissibilità di fonti extra ordinem e, in particolare, della necessità, l’ammettevano, però, sul piano teoretico; altri – è il caso, ancora, di Paladin – sottolineavano, infine, che la problematica delle fonti extra ordinem attiene non alla fisiologia di un ordinamento giuridico, ma, piuttosto, alla sua patologia.

Per quanto riguarda, infine, l’elenco delle singole fonti del diritto italiano, esse sono: la Costituzione (Costituzione italiana), le leggi di revisione costituzionale e le «altre leggi costituzionali» ex art. 138 Cost.; la legge statale e gli atti con forza di legge (il decreto-legge, il decreto legislativo e il referendum abrogativo); i regolamenti degli organi costituzionali (in particolare, i regolamenti parlamentari e quelli della Corte costituzionale); le leggi regionali (Potestà legislativa regionale); i regolamenti governativi e delle altre autorità pubbliche; le consuetudini.

Voci correlate

Criteri di risoluzione delle antinomie

Disposizione e norma. Diritto costituzionale

Vedi anche
diritto consuetudinàrio consuetudinàrio, diritto Fonte di diritto costituita dalla ripetizione costante di un determinato comportamento da parte della generalità dei soggetti, accompagnato dalla convinzione della sua obbligatorietà giuridica. Nelle materie riservate alla legge e ai regolamenti la consuetudine vale solo se espressamente ... Ordinamento giuridico Dell'ordinamento giuridico si hanno sostanzialmente tre concezioni. La teoria normativa, che fa capo a H. Kelsen, lo definisce come un complesso o sistema di norme giuridiche positive generali (leggi formali) o individuali (atti amministrativi o sentenze), ordinati secondo una norma fondamentale (cosiddetto ... common law Sistema giuridico dei Paesi anglo-americani, sviluppatosi in Inghilterra a partire dal 1066, quando Guglielmo I sconfisse nella battaglia di Hastings gli Anglosassoni. ● Nello svilupo di tale sistema ebbe parte importante l’organizzazione rigidamente feudale dei re normanni, articolata attorno alla corte ... Diritto costituzionale In linea di massima, per diritto costituzionale si intende lo studio giuridico della costituzione, al di là di qualunque significato si intenda attribuire a tale termine. In un’accezione ampia, il diritto costituzionale può infatti farsi risalire all’antica Grecia, nel momento in cui alcuni pensatori, ...
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Vocabolario
fónte¹
fonte1 fónte1 s. f. (ant. e poet. masch.) [lat. fōns fōntis]. – 1. a. Vena d’acqua a getto continuo: f. perenne; una limpida f.; attingere acqua alla f.; s’è seccata la f.; la f. non butta più; le f. di un fiume, la sorgente; f. termali,...
bio-diritto
bio-diritto (bio diritto), s. m. Complesso di norme legislative o consuetudinarie interessato dalle ricerche nel settore delle biotecnologie. ◆ L’invasione esistenziale della tecno economia costringe politica e diritto a prendere posizione....
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