Sin dall’approvazione della Costituzione italiana, gli studiosi sono stati concordi nel ritenere che la potestà legislativa regionale costituisse il fulcro dell’autonomia (Autonomia. Diritto costituzionale) della Regione.
La potestà legislativa regionale prima della l. cost. n. 3/2001. - Bisogna distinguere, a questo proposito, due diverse fasi, segnate dalla l. cost. n. 3/2001. Per quanto riguarda il primo periodo, va osservato che vi era una netta distinzione tra Regioni ad autonomia ordinaria e Regioni ad autonomia differenziata (Statuto regionale), poiché le prime godevano di una potestà legislativa significativamente più ampia delle seconde. Inoltre, le leggi regionali non si collocavano sullo stesso livello di quelle statali (Legge), poiché la potestà legislativa regionale era tassativa (poteva, cioè, intervenire solo nelle materie espressamente indicate nella Costituzione, laddove allo Stato spettava una potestà legislativa generale) ed era soggetta a limiti assai penetranti. Erano previsti, infatti, tre diversi tipi di potestà legislativa regionale: esclusiva o primaria (solo per le Regioni ad autonomia differenziata e per le Province autonome di Trento e di Bolzano), concorrente o ripartita (disciplinata, per quel che riguardava le Regioni ad autonomia ordinaria, dal «vecchio» art. 117 Cost., che prevedeva che allo Stato spettasse la normativa di principio e alle Regioni quella di dettaglio) e integrativa-attuativa (disciplinata dall’ultimo comma del «vecchio» art. 117 Cost.).
Tuttavia, ciascuna di tali tipologie era soggetta, oltre che a limiti speciali, anche a limiti generali (di legittimità e di merito) – enucleati dalla Corte costituzionale – come, ad esempio, i rapporti privati, la materia penale o l’interesse nazionale. Limiti speciali alla potestà legislativa regionale esclusiva erano, invece, i principi generali dell’ordinamento giuridico, le grandi riforme economico-sociali e gli obblighi internazionali dello Stato. Assai più problematica è stata, infine, la determinazione dei limiti speciali alla potestà legislativa regionale concorrente. La dottrina e la giurisprudenza costituzionale erano concordi nel ritenere, infatti, che i limiti speciali alla potestà legislativa regionale esclusiva si applicassero anche a tutte le altre tipologie, ma, poiché lo Stato non aveva sempre ottemperato all’obbligo costituzionale di dettare, nelle materie oggetto di potestà legislativa concorrente, la disciplina di principio attraverso proprie leggi (le c.d. leggi cornice), è stato ritenuto sufficiente, in mancanza di esse, desumere tali principi dalle leggi vigenti.
La potestà legislativa regionale dopo la l. cost. n. 3/2001. - Il sistema è poi completamente mutato con la l. cost. n. 3/2001. In primo luogo, la differenza tra Regioni ad autonomia ordinaria e Regioni ad autonomia differenziata si è alquanto attenuata, tanto che lo stesso art. 10 della l. cost. n. 3/2001 ha previsto che, fino all’adeguamento degli Statuti speciali, a queste ultime (e alle Province autonome di Trento e di Bolzano) si applichino le disposizioni contenute nella l. cost. n. 3/2001, laddove prevedono un’autonomia più ampia di quella ad esse già attribuita.
In secondo luogo, la legge regionale è stata sostanzialmente parificata a quella dello Stato per quanto riguarda i limiti, dal momento che, secondo il «nuovo» art. 117 Cost., lo Stato e le Regioni esercitano tutti la rispettiva potestà legislativa nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (art. 117, co. 1, Cost.). A questo proposito, non si può non segnalare che non vi è alcun riferimento all’interesse nazionale come limite generale alla potestà legislativa regionale, il che ha portato alcuni studiosi a chiedersi se tale interesse non sia comunque un limite implicito, ricollegabile al principio di unità e indivisibilità della Repubblica ex art. 5 Cost.
In terzo luogo, viene capovolto il rapporto tra la potestà legislativa regionale e quella statale: ora, infatti, è lo Stato ad avere una potestà legislativa predefinita, mentre le Regioni hanno una potestà legislativa potenzialmente generale. Il nuovo testo enumera, infatti, le materie oggetto di potestà legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, co. 2, Cost.) e quelle oggetto di potestà legislativa concorrente (art. 117, co. 3, Cost.), riservando alla potestà legislativa regionale tutte le altre non comprese nei due precedenti elenchi (art. 117, co. 4, Cost.). È previsto, inoltre, che una Regione possa chiedere un ulteriore ampliamento della propria potestà legislativa regionale esclusiva nelle materie di potestà legislativa concorrente o in alcune materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato, in virtù di una legge statale approvata a maggioranza assoluta, sulla base di un’intesa con lo Stato (art. 116, co. 3, Cost.).
Sin dai primi commenti apparsi dopo la sua entrata in vigore, la l. cost. n. 3/2001 è stata oggetto di osservazioni critiche da parte degli studiosi, perché eccessivamente sbilanciata negli equilibri tra lo Stato e le Regioni, a favore di queste ultime, ma soprattutto perché estremamente rigida e analitica nel definire il riparto della potestà legislativa, nonché priva di clausole di salvaguardia a favore dello Stato. Un ruolo fondamentale nel cercare di fornire una qualche razionalità al sistema è stato svolto dalla Corte costituzionale, investita a partire dal 2002 e sino ad oggi da un copioso e complesso contenzioso nel rapporto tra lo Stato e le Regioni, che ha così svolto quello che un suo Presidente ha qualificato, anche in questa materia, un «ruolo di supplenza non richiesta e non gradita». Nel complesso, il giudice costituzionale ha cercato di recuperare spazi a favore dello Stato, affermando che gli ambiti riservati alla sua potestà legislativa non possano essere intesi in modo rigido, ma vadano identificati con interessi e valori costituzionalmente protetti. Di conseguenza, vi sarebbero materie trasversali e materie valore, in cui lo Stato deve potere dettare una disciplina unitaria, nonché, in ogni caso, la garanzia della «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» ex art. 117, co. 2, lett. m), Cost. Un’ulteriore espansione della sfera di azione statale è stata ammessa dalla giurisprudenza costituzionale nel momento in cui, nelle materie di potestà legislativa concorrente, ha riconosciuto che possano essere ammesse normative statali anche non di principio, se volte a disciplinare, in virtù del principio di legalità, delle funzioni amministrative che lo Stato abbia assunto, in base al principio di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza ex art. 118, co. 1, Cost. per soddisfare esigenze unitarie (c.d. chiamata in sussidiarietà dello Stato; Principio di sussidiarietà. Diritto costituzionale). D’altra parte, la Corte costituzionale ha confermato i propri orientamenti precedenti, nel momento in cui ha ammesso che, in mancanza di leggi cornice che dettino i principi fondamentali nelle materie oggetto di potestà legislativa concorrente, questi possono essere desunti dalle leggi vigenti. Essa, inoltre, ha ribadito che i rapporti privati e la materia penale continuano a costituire un limite generale per la potestà legislativa regionale.
Per quanto riguarda i limiti speciali alla potestà legislativa esclusiva delle Regioni ad autonomia differenziata, la giurisprudenza costituzionale ha stabilito che quelli derivanti dagli obblighi internazionali e delle grandi riforme economico-sociali non vengono meno, se non quando le materie attribuite dagli Statuti speciali coincidono con le materie conferite alla potestà legislativa regionale ex art. 117, co. 4, Cost. La Corte costituzionale, infine, ha anche escluso che le Regioni possano usare il loro potere legislativo per rendere inapplicabile sul proprio territorio una legge statale.
Ampio spazio alla potestà legislativa dello Stato in materia di istruzione di Marco Benvenuti