Nel linguaggio economico, la vendita all’estero di una merce a prezzi inferiori a quelli praticati sul mercato interno. Si parla in tal caso anche di discriminazione del prezzo. Di tale pratica si servono imprese e soprattutto gruppi di imprese, che operano in regime di quasi-monopolio nel mercato interno così da poter vendere in esso a prezzi superiori al costo e che godono di una protezione doganale tale da garantirli contro il pericolo che la merce rifluisca dall’estero a prezzi inferiori a quelli praticati sul mercato nazionale. Il d. rappresenta un potente strumento di lotta commerciale per la conquista di mercati esteri, ma provoca in genere l’erezione di barriere doganali difensive ( dazi antidumping).
Simili agli effetti del d. sono quelli prodotti dalle esportazioni dei paesi il cui tasso di cambio venga svalutato rispetto alle altre monete, esportazioni che vengono appunto definite anche come d. valutario (o competitivo); i prodotti di detti paesi, per quanto aumentati di prezzo in valuta nazionale, risultano infatti in termini di cambio sempre assai competitivi e possono esercitare sui mercati esteri un’efficace concorrenza e determinare le relative reazioni ( dazi antivaluta-dumping). Mentre il d. è vietato da molti accordi internazionali (CEE, GATT ecc.), si è spesso assistito a fenomeni di d. valutario.
Fra i diversi aspetti con cui il fenomeno del d. può manifestarsi, sta assumendo importanza crescente quello del cosiddetto d. sociale, che si verifica quando un bene può essere venduto in un mercato straniero a un prezzo inferiore a quello ‘normale’ perché è stato prodotto a un costo più basso. In particolare, risulta inferiore la componente del costo legata al lavoro; ciò accade in determinati paesi in via di sviluppo, dove vigono situazioni di sfruttamento dei lavoratori più deboli a causa del mancato rispetto dei diritti minimi dei lavoratori e dei diritti sociali, con conseguente produzione di merci a condizioni di costo particolarmente competitive. Non avendo ancora avuto attuazione in tali paesi norme adeguate a tutela delle categorie più deboli dei lavoratori, organismi internazionali come la WTO e l’OIL hanno avviato il dibattito sulle modalità per rendere efficace la Dichiarazione sui principi e diritti fondamentali nel lavoro sancita dall’OIL nel 1998.
La locuzione d. sociale assume anche un significato più ampio, intendendo con essa i costi che le imprese traslano sulla società. Il processo di liberalizzazione del mercato del lavoro è visto da alcuni come un fenomeno di d. sociale, in quanto consente alle imprese di utilizzare in maniera meno rigida il fattore lavoro, ma senza sopportarne i costi legati alla precarizzazione e disoccupazione che ricadono invece sulla collettività.
Per analogia si parla anche di d. ambientale, quando una impresa può immettere sul mercato beni a più bassi prezzi perché prodotti a minori costi in paesi dove non esiste una normativa per la tutela ambientale.