(gr. ῾Ερμῆς) Divinità greca cui corrisponde il latino Mercurio. Figlio di Zeus e di Maia, nacque in una grotta del Monte Cillene in Arcadia (da cui l’epiteto Cillenio).
Nato al mattino, già a mezzogiorno era uscito dalle fasce e trovato il guscio di una tartaruga se ne era fatta una lira. Poi andato verso il tramonto in Pieria, dove Apollo pascolava le greggi degli dei, gli rubò 50 giovenche. Apollo inseguì e raggiunse il ladro, ma sedotto dal suono della sua lira, gli lasciò le giovenche in cambio dello strumento. Così E. divenne pastore; inventò la zampogna che pure donò ad Apollo in cambio della verga magica d’oro a 3 rampolli, il caduceo, che divenne poi il principale dei suoi attributi, nella forma di una bacchetta con intorno due serpenti attorcigliati. Così E. divenne l’araldo di Zeus, esecutore della sua volontà, come Apollo ne era l’interprete e il profeta. La più nota avventura di E. è l’uccisione di Argo, guardiano di Io: da ciò si fece derivare l’epiteto, peraltro oscuro, di Argifonte.
Tra i grandi dei dell’Olimpo E. ha un posto subordinato, per quanto faccia parte certamente degli dei antichi. Il nome, che compare in molte forme affini, significa «cumulo di pietre», ed è passato di fatto a indicare l’ erma, cioè il pilastro sormontato da un busto che in età antichissima doveva essere solo una pietra ritta. Mucchi di pietre ed erme si usarono fin dalla età più antica come segni di confine o anche indicatori stradali: di qui, tra le funzioni di E., quella di protettore dei viandanti (che protegge dai ladri e dai pericoli, ma anche dalla minaccia degli spettri) e dio viandante egli stesso. E. è anche il messaggero degli dei, abile nel discorso e insieme scaltro e veloce (attributi capitali del Mercurio romano). Forse il carattere prevalentemente o almeno frequentemente funerario dei cumuli di pietre spiega la funzione di E.-psicopompo, accompagnatore delle anime nell’oltretomba. Non è escluso però che tale funzione abbia rapporto anche con quella di guida del gregge. È un aspetto, questo di E. pastore, che autorizza a connettere sempre più la sua figura con il Peloponneso e l’Arcadia dove il suo culto è più largamente testimoniato che altrove. Sempre al tipo pastorale si connettono la natura fallica del dio e le doti di ladro abilissimo. La fantasia mitico-religiosa dei Greci lo ha immaginato agile, snello e giovane, riconoscendogli per tal via un’ultima importante funzione, quella di dio della palestra, della gioventù e della scuola.
Le più antiche rappresentazioni di E. sono aniconiche: il fallo della fecondità, un cumulo di pietre, un pilastrino posto nei quadrivi. Nell’arte arcaica il dio è barbato e porta un chitone, un berretto a punta (o un petaso a larga tesa) con alette, che si trovano spesso anche sui calzari, e sorregge il kerỳkeion o caduceo; talvolta compare come crioforo, con un piccolo ariete sulle spalle. Dall’età classica E. tende sempre più ad assumere un aspetto giovanile: è imberbe, spesso nudo, con alette sulla testa e sui piedi. È raffigurato come accompagnatore delle anime nell’Ade, mentre reca il piccolo Dioniso alle Ninfe (statua di Olimpia, da molti attribuita a Prassitele, 4° sec. a.C.), in atteggiamento di riposo o nell’atto di sciogliersi il sandalo. Alcuni tipi greci furono adottati anche in Etruria, mentre i Romani rappresentarono Mercurio soprattutto come dio del commercio, con una borsa in mano.