Secondo la dottrina cattolica, la remissione innanzi a Dio della pena temporale per peccati già cancellati, per quanto riguarda la colpa, con la confessione sacramentale; il fedele debitamente disposto e a determinate condizioni l’acquista per intervento della Chiesa (Cod. iur. can., can. 992). Si tratta dunque di un atto di giurisdizione della Chiesa sui fedeli viventi, per modo di assoluzione (potestà giudiziale); dai fedeli viventi è applicata ai defunti, sui quali la Chiesa non ha più giurisdizione.
Nei primi secoli del cristianesimo, per la riammissione nella Chiesa dopo alcuni peccati si richiedevano espiazioni pubbliche a volte lunghissime, pur essendo possibile, per es. nell’imminenza di persecuzioni, che il vescovo anticipasse la riconciliazione. Via via che il cristianesimo si diffondeva in Europa e non più in atmosfera di persecuzione, la pratica penitenziale pubblica fu sentita come sempre più grave e umiliante. S’introdusse perciò, dapprima in Irlanda, l’uso della penitenza ‘tariffata’, imposta al peccatore dal ministro del sacramento secondo ‘tariffe’ di opere soddisfattorie, proporzionate, per rigore e durata, alle colpe commesse. Sempre dall’Irlanda si diffuse (8° sec.) la pratica delle redemptiones (o arrea), cioè commutazioni di opere per cui una penitenza ineseguibile per lunghezza o per circostanze poteva essere sostituita con digiuni, preghiere e mortificazioni ritenute di uguale valore. Verso la metà dell’11° sec. apparvero remissioni generali, cioè condoni di un periodo di pena temporale (di giorni o settimane o anni) applicabili a tutti i fedeli che compissero un pellegrinaggio, dessero particolari elemosine ecc., senza che il ministro dovesse stabilire per ognuno le condizioni del riscatto della pena. Dalla pratica di queste remissioni generali si passò a quella dell’i. plenaria, offerta per la prima volta in occasione della crociata (1095) da Urbano II ed estesa alle mogli dei crociati, ai finanziatori, agli informatori, ai predicatori e poi non più soltanto ai crociati di Terra Santa, ma anche a quanti combattevano per la fede contro gli eretici o contro i nemici ‘ghibellini’ della Chiesa. I. plenarie furono altresì accordate a chi visitasse la Porziuncola ad Assisi o la chiesa aquilana di S. Maria di Collemaggio nell’anniversario dell’incoronazione di Celestino V, e, particolarmente solenni, per il Giubileo.
Le concessioni di i. si estesero dopo il 1300: oltre le i. papali si ebbero le lettere di i., emanate da uno o da più vescovi, e attraverso queste si giunse alla facoltà per un confessore di conferire l’i. plenaria in punto di morte e all’applicazione dell’i. ai defunti, che si ebbe con atti dei pontefici nel 15° secolo. Anche se la dottrina teologica sull’i. era stata ormai pienamente elaborata, si diffondevano facilmente gli abusi, come quelli, notissimi, che si ebbero sotto i papi del Rinascimento, in particolare Leone X (1515-17), contro cui protestò Lutero. Il Concilio di Trento vi mise ordine con il decreto De indulgentiis che riassumeva la dottrina cattolica e imponeva di usare moderazione e di evitare «ogni turpe lucro».