Legge m. Il complesso di provvedimenti legislativi che entrano in vigore durante circostanze eccezionali e che producono, nel tempo della loro efficacia, la temporanea sospensione della legge comune.
Nel linguaggio medico aulico, che riguarda il ferro contenuto nell’organismo o che si riferisce alla somministrazione terapeutica di ferro.
Giochi m. Giochi in onore del dio Marte, istituiti in età augustea; si svolgevano a Roma il 12 maggio e il 1° agosto, date connesse alla dedicazione dell’aedicula Martis in Capitolio (20 a.C.) e del tempio di Marte Ultore (2 a.C.).
Arti m. Denominazione collettiva delle varie discipline di combattimento e autodifesa di origine orientale, che hanno in comune la stessa radice etico-religiosa (judo, jujutsu, karate, kendo ecc.). L’obiettivo principale di tutte queste discipline non era tanto l’addestramento alle tecniche di guerra, quanto il miglioramento delle capacità spirituali oltre che fisiche dei praticanti. Oggi esistono due livelli di pratica: uno più diffuso, specie in Occidente, in cui prevalgono gli aspetti sportivi e agonistici (il judo, per es., è disciplina olimpica dal 1980), l’altro più tradizionale, volto principalmente a una migliore conoscenza della propria realtà psicofisica.
Si ritiene che le arti m., intese come sistema di studio delle tecniche belliche e allenamento del corpo, siano nate in India e si siano di qui diffuse in Cina e poi in Asia Minore. Notizie documentate sulle arti m. in Cina trapelano dalle descrizioni delle prime guerre tribali, al tempo del leggendario Imperatore Giallo (27° sec. a.C.). Nel periodo della dinastia Zhou (11° sec.-221 a.C.), le tecniche a mani nude e il tiro con l’arco furono catalogati tra le discipline da guerra, accanto all’utilizzo dei carri trainati da cavalli. Guardando con attenzione alle testimonianze risalenti ai primi periodi della storia cinese documentata, si nota già un’importante distinzione tra le arti m. e la lotta comune. Tale distinzione non riguarda il campo di applicazione o le tecniche usate, quanto piuttosto lo scopo a cui esse sono rivolte; le arti m., infatti, erano considerate come facenti parte di un sistema globale di educazione non solo militare, avente per scopo finale la trasformazione radicale dell’allievo. Per questa ragione, in tutte le diverse culture in cui si sono poi sviluppate, le arti m. sono state sempre considerate uno strumento di crescita morale e spirituale, con una concezione non dissimile dall’ideale di atleta nella Grecia antica o dai codici cavallereschi del nostro Medioevo. Secondo lo stesso principio, in Cina, a partire dalla dinastia Tang (618-907 d.C.), ufficiali e soldati, per essere promossi di grado, dovevano sostenere prove di arti marziali. In ogni periodo, nelle corti imperiali, le arti da combattimento furono favorite e molti regnanti si impegnarono a sostenere e proteggere i maestri e gli esperti della loro epoca, nonché a promuovere tornei e manifestazioni dimostrative. I signori feudali agevolarono lo sviluppo delle arti m. per rafforzare il proprio potere militare, ma ne limitarono rigorosamente la diffusione tra i contadini e la gente comune; molto spesso, anzi, proibirono ai civili il possesso di qualsiasi tipo di arma, favorendo così, indirettamente, il sorgere e il prosperare di associazioni segrete.
In Cina, comunque, le arti m. trovarono un terreno particolarmente fertile. L’atteggiamento pratico della cultura popolare cinese, infatti, e insieme il misticismo, spesso esoterico, della religione taoista, fortemente orientata verso la natura e il corpo umano, incoraggiarono lo sviluppo di un gran numero di tecniche di combattimento, in stretta connessione con le scuole di pratica spirituale. In seguito, le arti m. si diffusero verso la Mongolia, l’Indonesia, Giava, la Corea, Okinawa e il Giappone, dove furono integrate con i sistemi m. e religiosi autoctoni, dando vita a entità e situazioni nuove e autonome.