Quattordicesima lettera dell’alfabeto latino.
Il segno degli alfabeti semitici, da cui l’o deriva attraverso il greco e il latino, indica un’esplosiva laringale sonora o una spirante velare sonora ‹gh›. I Greci, che non possedevano tali suoni e dovevano indicare le vocali, adottarono il segno per la vocale o (breve o lunga, chiusa o aperta); eguale valore ebbe nell’alfabeto latino, che non accolse la differenziazione, introdottasi in Grecia fin dal 7° sec. a.C., tra la lettera originaria (o) per l’o breve (omicron) e una lettera nuova (ω) per l’o lungo (omega).
In fonetica, la lettera o rappresenta graficamente in italiano due distinti fonemi vocalici, l’o aperto o largo ‹ò› e l’o chiuso o stretto ‹ó›. Le due vocali appartengono alla serie velare e sono intermedie tra l’a e l’u. La distinzione, pienamente valevole per l’o tonico, è solo facoltativa per l’o semitonico, mentre l’o del tutto atono non ammette distinzione alcuna di timbro: l’o atono italiano ha una pronuncia generalmente chiusa, con qualche non grave differenza da posizione a posizione. In posizione tonica i due fonemi hanno valore distintivo, ma l’ortografia italiana li rende entrambi con la lettera o (presentano dunque identica grafia parole come bòtte «percosse» e bótte «recipiente», còlto part. di cogliere e cólto «istruito» ecc.). Tale insufficienza ortografica si presta a molte incertezze di pronuncia. La diversa origine etimologica degli ò e degli ó italiani è d’altra parte chiarita dalle seguenti regole fondamentali di grammatica storica: a) l’ó italiano continua l’ó del tardo latino, in cui si erano venuti a confondere, scomparsa la funzione distintiva della quantità, ŭ e ō del latino classico (per es., gióva, lat. iŭvat; óra, lat. hōra); b) l’ò italiano continua (dittongato in uò se in sillaba libera) l’ò del tardo latino, ŏ e l’au del latino classico (per es., uòmo, lat. hŏmo; còrpo, lat. cŏrpus; òro, lat. aurum); c) l’o tonico delle voci dotte, qualunque ne sia l’origine, e fatta solo eccezione per casi d’analogia, è pronunciato aperto (per es., nòbile, dal lat. nōbĭlis). Anche l’o atono è il continuatore dell’o latino, breve o lungo, e dell’u latino breve (per es., bontà, lat. bŏnitatem; giovenca, lat. iŭvenca); salvo che in posizione protonica non solo l’u latino, anche se breve, rimane u nelle voci dotte, ma nelle stesse parole popolari non è raro il caso che l’u breve e l’o del latino siano continuati in italiano da u anziché da o (per es., fucile, lat. fŏcile).
Si designa con O una classe spettrale di stelle di elevatissima temperatura (30.000-40.000 K e anche più), dette anche stelle a elio ionizzato perché tra le righe caratteristiche del loro spettro compaiono anche quelle dell’elio ionizzato.
Simbolo (O) dell’ossigeno.
medicina Agglutinogeni O In immunologia, gli agglutinogeni somatici dei batteri ciliati, in contrapposizione agli agglutinogeni H o agglutinogeni ciliari. La lettera O rappresenta l’iniziale della prima parola della espressione ohne Hauch («senza alone») relativa all’aspetto delle colonie della forma atrica della varietà X di Proteus vulgaris.
Nel codice internazionale delle segnalazioni marittime, la bandiera corrispondente alla lettera O è rettangolare, divisa da una diagonale in due triangoli, di cui quello adiacente alla inferitura giallo, l’altro rosso. Alzata da sola ha il significato di «uomo in mare».