Espressione con la quale si fa riferimento, nel linguaggio giornalistico, ad un progetto di riforma, presentato in Senato nel corso della XVI legislatura (A.S. .n. 1880), da questo approvato in prima lettura il 20 gennaio 2010 ed attualmente in discussione alla Camera dei deputati (dove sono state avanzate ulteriori modifiche) (A.C. n. 1337). Nella sostanza esso introduce una nuova causa di estinzione dei processi penali (che viene disciplinata dal nuovo art. 531 bis del codice di procedura penale), mediante la fissazione di un termine massimo di durata degli stessi, separatamente per ognuna delle fasi processuali. Stando a quanto prevede il d.d.l. in discussione, infatti, il processo si estingue ed il giudice è obbligato ad emettere sentenza di proscioglimento per estinzione del processo:
a) in caso di reati per i quali sono previste pene inferiori nel massimo a 10 anni, se entro 3 anni dall'esercizio dell'azione penale da parte del PM, non viene pronunciata sentenza di primo grado; entro 2 anni dalla pronuncia della sentenza di primo grado non viene pronunciata sentenza in grado d’appello, entro 1 anno e sei mesi dalla pronuncia della sentenza d’appello non viene pronunciata sentenza da parte della Corte di cassazione; entro 1 anno dalla sentenza della Cassazione non viene pronunciata la sentenza per ogni ulteriore grado di giudizio in caso di annullamento con rinvio da parte della Cassazione;
b) in caso di reati più gravi (cioè reati per i quali sia prevista una pena detentiva pari o superiore a 10 anni), se il processo non arriva a sentenza entro 4 anni per il primo grado; 2 anni per l'appello; 1 anno e sei mesi per il giudizio in Cassazione;
c) in caso di reati per mafia e terrorismo, se il processo non arriva a sentenza entro 5 anni per il primo grado; 3 anni per l'appello; 2 anni per il giudizio in Cassazione; è inoltre previsto che, in quest’ultimo caso, il giudice, ove rilevi una particolare complessità del processo o vi sia un numero elevato di imputati, possa decidere di aumentare fino ad un terzo i termini temporali.
In ogni caso l’estinzione del processo non può essere pronunciata, nonostante il decorso dei termini sopra indicati, ove l’imputato dichiari di non volersi avvalere della stessa estinzione.
Se il processo si estingue per il decorso dei termini così stabiliti la parte civile può trasferire l'azione in sede civile (davanti al giudice civile) e, in tal caso, i termini a comparire di cui all’art. 163 bis codice di procedura civile sono ridotti alla metà ed il giudice fissa l’ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all’azione trasferita.
Infine, con riferimento alla disciplina transitoria, il d.d.l. in esame, all’art. 9, 2° comma, stabilisce che la nuova causa di estinzione non troverà applicazione ai processi in corso alla data di entrata in vigore della nuova disciplina; tuttavia, nel 1° comma del medesimo art. 9 viene comunque prevista l’applicazione anche ai processi in corso alla data della sua entrata in vigore «relativi a reati commessi fino al 2 maggio 2006» (indultati con la L. 31 luglio 2006 n. 241) e puniti con pena detentiva inferiore nel massimo a 10 anni di reclusione (ad esclusione dei reati indicati dall’art. 1, comma 2, della citata l.n. 241/2006) e viene imposto al giudice di pronunciare sentenza di estinzione del processo quando siano decorsi più di 2 anni dal provvedimento con cui il p.m. ha esercitato l’azione penale senza che sia stato definito il giudizio di primo grado.
Approfondimenti:
Processo (ragionevolemente) breve di Antonio Carratta
La durata ragionevole del processo (garanzia oggettiva) e la durata irragionevole del "processo breve" (garanzia soggettiva) di Vincenzo Garofoli
Le statistiche sulle cause di inefficienza del sistema giudiziario ed i rimedi all’eccessiva durata del processo penale di Luigi Lanzillo