Genere pittorico consistente nella realizzazione di quadrature, cioè di architetture dipinte entro una rigorosa intelaiatura prospettica e illusionistica.
La ricerca di effetti illusionistici spaziali è già presente nella decorazione parietale di antiche civiltà. Se ne trovano esempi nelle decorazioni egizie, cretesi ed etrusche ma appaiono realizzati con una certa coerenza solo in alcuni edifici romani (per es., Pompei, villa dei Misteri). Gli artisti medievali si limitano a dipingere semplici partiti architettonici; maggiore abilità prospettica appare nelle soluzioni utilizzate da Giotto (cappella degli Scrovegni, 1303-06, Padova). Nel 15° sec. F. Brunelleschi riscoprì il metodo della proiezione centrale e delle regole matematiche della costruzione prospettica, aprendo per gli artisti del Rinascimento la possibilità di dipingere realisticamente elementi e strutture architettoniche; con il procedere degli studi di prospettiva l’architettura dipinta trova fondamentali esempi (per es., Masaccio, La Trinità, 1425-27, Firenze, S. Maria Novella; A. Mantegna, Camera degli sposi, 1474, Mantova, Palazzo Ducale). Per l’evoluzione del genere importante risulta l’opera di Raffaello e della sua cerchia, nel cui ambito il q. trova i primi consapevoli esecutori (per es., B. Peruzzi, Sala delle prospettive, 1516-17, Roma, villa Chigi; Giulio Romano, decorazioni in Palazzo Te, Mantova, 1524-35 ca.).
Nel corso del 16° sec. il q. inizia ad affermarsi come genere autonomo; si formano importanti scuole regionali che opereranno fino al 18° secolo. In Veneto il q., introdotto dal toscano G. Porta, ha tra i massimi esponenti alcuni collaboratori di Paolo Veronese, G. Zelotti e il fratello di Paolo, B. Caliari (villa Barbaro, 1561 ca., Maser). Attiva durante il 17° sec. (G.A. Fumiani), la scuola veneta raggiunge il massimo splendore nel 18° sec., con G. Mengozzi Colonna, autore di quadrature negli affreschi di G.B. Tiepolo (per es., Il banchetto di Cleopatra, 1745-50, Venezia, Palazzo Labia), e G.B. Crosato, attivo anche in Piemonte. La scuola quadraturistica emiliana, ispirata ai canoni dell’architettura classica, mostra una rigorosa attinenza ai principi geometrici della prospettiva. Caposcuola fu G. Curti (1575-1632); suoi seguaci furono A.M. Colonna e A. Mitelli, attivi a Roma, Firenze (decorazioni in Palazzo Pitti, 1637-44) e per Filippo IV di Spagna, e T. Aldrovandini, che contribuì a diffondere il genere a Vienna e a Dresda. Importanti quadraturisti furono i Bibiena, attivi anche nel campo della scenografia; da ricordare inoltre V.M. Bigari (casa Bovi-Tacconi, 1755, Bologna). La scuola genovese, che deriva da quella emiliana, ha tra i massimi esponenti G. Benso, G.B. Carlone (cappella del Palazzo Ducale, 1653-55, Genova) e D. Piola. A Roma il q. sembra legato a singole personalità, spesso non romane: tra 16° e inizio 17° sec. C. e G. Alberti (1592-94, sagrestia vecchia di S. Giovanni Laterano; 1595-1603, Sala Clementina, Palazzi Vaticani); nel 17° sec. A. Tassi (1617-23, Palazzo Lancellotti ai Coronari) e, più tardi, le straordinarie quadrature architettoniche di A. Pozzo (S. Ignazio: 1685, finta cupola; 1691-94, volta). Trasferitosi a Vienna (1703), Pozzo diffuse le sue esperienze nell’ambiente culturale tedesco, che ebbe in J.M. Rottmayr e negli Altomonte, nel 18° sec., gli esponenti di maggior spicco. Per la decorazione di grandi ambienti il q. restò in voga nel periodo neoclassico, ma in forme sobrie e meno spettacolari.