Condizione di chi deve rispondere di comportamenti penalmente rilevanti. Ai sensi dell’art. 27, co. 1, Cost. la responsabilità penale è personale; ciò vuol dire che non è possibile la sostituzione della persona che deve rispondere di un illecito penale. Alla luce delle storiche sentenze additive della Corte costituzionale (n. 364 e n. 1085 del 1988), tale nozione si connota anche per l’elemento della colpevolezza in quanto l’interpretazione del dettame costituzionale fornito dalla Consulta è nel senso di intendere la responsabilità penale non solo nel significato minimo di divieto di responsabilità per fatto altrui, bensì nell’accezione più pregnante di fatto proprio e colpevole. Secondo la Corte, infatti, l’attribuibilità di una sanzione penale presuppone che l’agente abbia posto in essere il fatto di reato almeno a titolo di colpa: ove, infatti, un qualunque elemento di lesività della fattispecie non fosse integrato dal dolo o dalla colpa, verrebbe meno il legame tra il fatto e il suo possibile autore e con esso il carattere della personalità della responsabilità penale. Solo se il reato è effettivamente opera dell’agente, è possibile, infatti, muovere a quest’ultimo un rimprovero efficace per averlo posto in essere. Sottesa a tale principio è la convinzione che, salvo casi eccezionali, l’uomo abbia sempre la signoria sulle proprie scelte e sui propri impulsi e che quindi può decidere in modo autonomo come determinare la propria volontà e soprattutto quali condotte porre in essere. Ne consegue, inoltre, che sempre per l’orientamento costituzionale sopra citato, nel nostro ordinamento giuridico è esclusa l’imputazione di un reato a titolo di responsabilità oggettiva, ovvero la possibilità di attribuire a un soggetto un illecito penale esclusivamente sulla base del rapporto di causalità tra la sua condotta e l’evento offensivo conseguente.
Presunzione di non colpevolezza