schizofrenia Termine, coniato da E. Bleuler, che fa riferimento alla caratteristica essenziale di un vasto gruppo di psicosi il cui fenomeno psicopatologico fondamentale è costituito da un processo di disgregazione (dissociazione) della personalità psichica; questo processo si traduce in gravi disturbi della strutturazione del pensiero, della dinamica affettiva e dell’apprezzamento dei rapporti tra ‘Io’ e ambiente circostante.
Il concetto di s. ha il suo termine di confronto diretto in quello coniato da E. Kraepelin di ‘demenza precoce’, imperniato sul criterio cronologico dell’insorgenza in età giovanile, non oltre la soglia della maturità, e sull’esito in demenza. Il concetto di Bleuler invece prescinde da una precisa delimitazione nosografica e si fonda, come si è detto, sul fenomeno psicopatologico della dissociazione.
Il disturbo fondamentale del pensiero consiste nell’arbitrarietà dei meccanismi associativi: il pensiero appare strutturato in maniera vaga per l’assenza o almeno per la particolare labilità di un orientamento direttivo ed è caratterizzato dal ricorso a simboli che prescindono dalla logica abituale. Nella dinamica affettiva, appare sensibilmente ridotta la capacità a un’adeguata modulazione dei vari sentimenti, che appaiono caratterizzati da una sproporzione tra l’intensità degli stimoli e quella delle reazioni. Il turbamento dei rapporti tra ‘Io’ e mondo esterno provoca nel malato una particolare incertezza nell’apprezzamento dei limiti della propria personalità: atti o esperienze che hanno origine nella sua coscienza sono avvertiti come effetto di un’azione esterna, oppure, per un fenomeno detto di transitivismo, sembrano ripercuotersi su elementi estranei. Nella s., inoltre, acquistano proporzioni particolari fenomeni (come l’ambivalenza e l’autismo) che si possono trovare anche in altre condizioni morbose. Su questa complessa fenomenologia di base si sviluppa tutta una serie di disturbi (deliri, allucinazioni, pseudoallucinazioni, fenomeni catatonici di vario tipo, catalessia, flessibilità cerea, stati di intoppo psicomotorio, manierismi, negativismo ecc.) che, a seconda delle proporzioni reciprocamente assunte nei singoli casi, permettono di suddividere la s. in alcune varietà cliniche: la s. semplice, caratterizzata da impoverimento graduale delle sfere affettiva, intellettiva e volitiva; l’ebefrenia, caratterizzata da aridità affettiva, regressione a modalità di comportamento primitive e disorganizzate, vistosi disturbi del linguaggio; la s. paranoide, in cui prevalgono i deliri e le allucinazioni; la catatonia, in cui sono gravemente compromesse le funzioni psicomotorie. Tra queste varietà esistono forme di passaggio; esse si possono inoltre alternare nello stesso malato. Il decorso della malattia può presentare modalità differenti; più spesso i primi segni di malattia si hanno tra secondo e terzo decennio, e dopo una prima fase acuta si determina una remissione con difetto residuo espresso da una minore prestanza intellettuale e un particolare ottundimento dei sentimenti: tale stato di remissione, che può durare anche vari anni, viene interrotto da fasi di ripresa della malattia, che può finire con il diventare una condizione permanente. Altre volte la malattia ha un decorso lineare, senza interruzioni, e con maggiore o minore rapidità perviene allo stato terminale, detto impropriamente demenziale.
Le ricerche di genetica e quelle epidemiologiche permettono di ritenere che la familiarità per i casi di s., già rilevata da Bleuler, sia dovuta a un meccanismo di trasmissione ereditaria condizionato dall’intervento di un gene a carattere dominante che sarebbe responsabile di una notevole predisposizione alla malattia, piuttosto che dell’insorgenza della malattia stessa. Questa predisposizione potrebbe essere rappresentata dalla suscettibilità a una lesione funzionale biochimica, per es., l’alterazione di un ciclo metabolico neurotrasmettitoriale (in particolare quello delle catecoalmine). Gli esami condotti sul cervello di pazienti schizofrenici con strumenti come la TAC (tomografia assiale computerizzata) o la PET (tomografia a emissione di positroni) ha evidenziato che tali pazienti presentano spesso anomalie di carattere strutturale, anche se queste anomalie possono essere di lieve entità e non si riscontrano esclusivamente nei soggetti schizofrenici. La malattia può essere innescata da una situazione psicoaffettiva logorante, come quelle che derivano da particolari difficoltà nei rapporti interpersonali precoci, non solo nell’ambito della famiglia, ma anche dell’ambiente di lavoro e della società in genere.
La terapia maggiormente impiegata è quella basata sull’uso degli psicofarmaci, soprattutto dei neurolettici maggiori, che, grazie alla sospensione delle allucinazioni e dei deliri, e al controllo della discordanza e degli squilibri affettivi, corregge il rapporto del malato con la realtà. La psicoterapia può utilmente essere presa in considerazione in associazione alla farmacoterapia. Molto importanti sono le terapie di comunità e di riabilitazione psicosociale.