tardoantico Periodo della storia antica compreso all’incirca tra l’età dell’imperatore Commodo (180-192 d.C.) e il 7° sec., ben definibile sul piano delle manifestazioni della cultura, della società, della politica, dell’economia.
Nella storiografia moderna l’interesse per il t. si è espresso soprattutto in quanto indagine sulla ‘decadenza’ del mondo antico. Una prima reazione contro questo orientamento si è avuta agli inizi del Novecento da parte degli storici dell’arte: A. Riegl e altri esponenti della ‘scuola viennese’ valorizzarono l’arte della tarda antichità, intendendola non più come deterioramento dell’esperienza classica, ma come una nuova forma artistica. Dopo la Seconda guerra mondiale, l’esigenza di approfondire i caratteri specifici del t. ha portato a un cambiamento di prospettiva con conseguenze rilevanti: il t. è stato studiato sempre meno come un estenuato declino della civiltà classica e sempre più come una cultura dotata di una propria identità. Più recentemente i campi di ricerca hanno coinvolto settori disciplinari e tipi di documenti che vecchie consuetudini tenevano separati.
I progressi più considerevoli sono dovuti allo studio della letteratura agiografica da parte degli storici della società e in particolare al loro ricorso all’analisi strutturale. La constatazione della somiglianza tra alcune caratteristiche del racconto agiografico e alcuni temi dell’etnologia contemporanea ha suggerito indagini che hanno avuto come punto di riferimento le opere di C. Lévi-Strauss, E.E. Evans-Pritchard, M. Douglas, E. De Martino. I risultati più significativi riguardano l’Africa e la parte orientale dell’Impero, con gli studi di P. Brown sulla stregoneria, sul dissenso religioso, sulla funzione dell’‘uomo santo’ e, più in generale, sui rapporti tra culture locali e cultura ufficiale. Nuove prospettive di storia sociale ed economica sono state aperte dalle ricerche di E. Patlagean sui ceti poveri delle città e dei villaggi bizantini tra il 4° e il 7° secolo. L’influsso di M. Foucault è evidente nei contributi dedicati alla storia della sessualità e della famiglia, e del gender, ossia delle relazioni tra i sessi intese come costruzioni sociali. Le indagini ispirate ai metodi dell’antropologia culturale e delle scienze sociali sfuggono, per la loro stessa natura, all’inquadramento nelle due classificazioni storiografiche contrapposte e tradizionali: quella che si richiama a una visione ‘ottimistica’ del t. e quella che si contraddistingue per accenti marcatamente ‘pessimistici’.
Il rinnovato anticlassicismo che ha caratterizzato la storiografia degli ultimi decenni e il fatto che la caduta dell’Impero d’Occidente abbia perduto gran parte delle sue suggestioni paradigmatiche, hanno indebolito le ragioni di questo schieramento. Il dibattito sulla continuità dell’antico nel t. e del t. nel Medioevo è stato rinnovato dal rilievo attribuito alla cultura materiale, il cui studio offre dati importanti sull’organizzazione produttiva, sulla distribuzione dei beni, sul loro consumo. Sotto il profilo delle merci, il t. si manifesta, a partire dall’età di Commodo, con uno spostamento delle forze produttive verso Sud: al primato dei prodotti italici si sostituisce quello dei prodotti dell’Africa proconsolare; il fenomeno registra una significativa cesura soltanto con la tarda età vandala.
L’approfondimento dello studio degli insediamenti su base regionale si pone in simmetria con il crescente interesse per la storia delle culture locali. I dati della cultura materiale hanno riaperto il dibattito sulla rottura dell’unità mediterranea (una nuova stagione della tesi di H. Pirenne). Un’idea generale del t., della sua periodizzazione, del valore da attribuire ai singoli indicatori di continuità o di discontinuità, può trarsi soprattutto dall’analisi della morfologia sociale e dal ruolo svolto dalle istituzioni nella sua genesi come nel suo dissolvimento, sul modello delle indagini pionieristiche di S. Mazzarino. Un altro aspetto significativo degli studi recenti è l’apertura delle discipline paleografiche a interessi storico-sociali, con vantaggio per le conoscenze sull’alfabetizzazione, sulla circolazione della cultura, sulle pratiche di lettura. La valorizzazione della specificità di quest’epoca ha accentuato la tendenza degli studi sul t. a costruirsi come disciplina autonoma, gemmata dalla storia romana con caratteri di autosufficienza.