Termine introdotto nell’uso dopo il 1773 per designare, in biologia, l’indirizzo filosofico e metodologico che sostiene: a) la priorità e l’emergenza della struttura anatomico-funzionale dell’organismo rispetto ai componenti elementari; b) il funzionamento teleologico (cioè intelligentemente orientato verso determinati scopi) dell’organismo stesso; c) l’attribuzione delle proprietà strutturali e funzionali a un’entità di natura metafisica.
Nella sua formulazione classica il v. fu enunciato da Aristotele, il quale considerò l’organismo come una totalità anatomico-funzionale la cui struttura o ‘forma’ attiva e regola la dinamica dei processi vitali del corpo. La teoria aristotelica fu incorporata nella medicina galenica, all’interno della quale la vita veniva concepita come una delle potenze o facoltà dell’anima. La filosofia e la medicina medievali conservarono l’identificazione psicovitalistica tra anima e vita, che si complicò di valenze astrologiche e magiche in Paracelso, G.B. van Helmont e R. Fludd. La netta separazione tra processi vitali e processi psichici e la riducibilità dei primi a fenomeni fisico-meccanici furono sostenute invece da R. Descartes, al quale si deve la formulazione di una teoria alternativa al v., il meccanicismo (➔). Risultati vani i tentativi di R. Cudworth e G.E. Stahl di riproporre lo psicovitalismo aristotelico, la rinascita del v. tra la prima e la seconda metà del 18° sec. prese un indirizzo antimetafisico. P.-J. Barthez, considerato il fondatore del v., introdusse, per spiegare i fenomeni vitali, un «principio vitale» distinto dall’anima e di natura analoga al principio di attrazione, mentre T. de Bordeu, M. de Chambaud, L. Fouquet e L. Lacaze considerarono la proprietà della sensibilità scoperta da A. von Haller come inerente a una specifica ‘materia vivente’ responsabile dei fenomeni vitali e iniziarono assieme a J.O. de La Mettrie l’indirizzo del v. materialistico che, escludendo la teleologia e l’emergenza delle proprietà vitali rispetto alle basi fisio-chimiche, attribuiva la dinamica del vivente all’azione di una materia specifica dotata, oltre che dell’estensione e dell’inerzia, di una proprietà non-cartesiana (sensibilità o irritabilità). Alla medesima impostazione è riconducibile il filone tedesco della Lebenskraft («forza vitale») che slittò progressivamente con J.D. Brandis, J.C. Reil e G.R. Treviranus verso il v. materialistico. Un’ultima e tardiva espressione di tale teoria può considerarsi il nuovo v. o v. meccanico enunciato da R. Virchow quando già nel 1848 E. du Bois-Reymond l’aveva bollata come «un tessuto delle più arbitrarie affermazioni».
Battuto sul piano della fisiologia, il v. rinacque in embriologia riproponendo ancora una volta l’identificazione (o almeno l’analogia) tra psiche e vita con il neovitalismo di G. von Bunge, R. Neumeister, J. von Uexküll e soprattutto H. Driesch, il quale si rifece esplicitamente all’impostazione aristotelica. Dallo sviluppo e dalla revisione di alcuni presupposti del v. drieschiano, operata nello specifico intento di conciliare v. e meccanicismo, fu avanzata, a opera di J.C. Smuts e J.S. Haldane, la tesi dell’olismo o organicismo, sostanzialmente convergente con l’emergentismo di C. Lloyd Morgan e, assieme a questo, definita come criptovitalismo. L’idea che si veniva affermando era che l’incremento progressivo di complessità dei sistemi fisici comporta l’emergere di fenomeni qualitativamente diversi (e non derivabili additivamente dai processi fisici sottostanti), il cui studio richiede il ricorso a leggi diverse da quelle della fisica e della chimica; tale distinzione di ambiti normativi giustificherebbe la non applicabilità, in biologia, dei modelli fisico-meccanici. All’affermarsi di tale punto di vista hanno contribuito la notevole fortuna della teoria generale dei sistemi, elaborata da L. von Bertalannfy a partire dal 1950, che ne forniva una sistemazione teorica, e la possibilità, offerta dalla cibernetica, di interpretare i fenomeni di regolazione messi in atto dall’organismo con modelli fisico-matematici, evitando tuttavia lo scoglio del riduzionismo con il considerare l’informazione come una grandezza non assimilabile né alla materia né all’energia. L’integrarsi degli antichi concetti di ‘forma’ e ‘totalità’ con tali sviluppi delle scienze fisico-matematiche ha reso progressivamente più plausibili ipotesi ‘neovitalistiche’, verso cui tendono anche l’interpretazione termodinamica dei fenomeni biologici elaborata da I. Prigogine e l’approccio teorico (fondato sul concetto di integrone) messo a punto da F. Jacob per rendere conto dei fenomeni di regolazione e differenziamento cellulari, mentre altri protagonisti delle ricerche biologiche come F. Crick e J. Monod si sono dichiarati decisamente estranei a ogni forma di vitalismo.