(gr. ῎Αδων o ῎Αδωνις) Divinità greca di origine semitica, oggetto di culto in varie località della Grecia peninsulare e insulare. Nella formulazione più nota del suo mito, intessuta di motivi letterari d’età alessandrina, Adone, nato dall’amore incestuoso di Mirra (o Smirna) con suo padre, non è restituito da Persefone ad Afrodite che glielo aveva affidato da fanciullo; la contesa tra le due dee invaghite dalla bellezza di Adone viene composta da Zeus con la decisione che egli viva un terzo dell’anno con Persefone, un terzo con Afrodite e un terzo da solo. Adone preferisce trascorrere con Afrodite il terzo dell’anno a lui assegnato e viene ucciso da un cinghiale mossogli contro da Ares.
È indubbia la sua connessione con l’Adonis venerato in cerimonie di lutto per la sua morte a Byblos in Fenicia, riflesso del babilonese Tamuz. Ādōn fu il nome con cui in Siria e Palestina venne resa la formula invocativa babilonese «signore» rivolta a Tamuz; divenuto il nome stesso del dio, e grecizzato in ῎Αδωνις, definì la divinità così come la troviamo nei culti greci; in Grecia il culto di Adone si è probabilmente innestato su culti autoctoni analoghi, che avevano a oggetto un nume della vegetazione.
Nell’arte classica Adone è raffigurato con forme delicate. Pitture di Pompei e della Domus Aurea rappresentano la sua nascita dal tronco dell’albero in cui è stata mutata la madre Smirna. La contesa fra Afrodite e Persefone è dipinta su vasi italioti e specchi etruschi; l’abbraccio di Adone con Afrodite su vasi midiaci e su specchi etruschi; la partenza per la caccia su vasi italioti e su sarcofagi romani; il ferimento mortale di Adone appare dipinto, a Pompei, nelle case di Adone, di Meleagro e del Chirurgo. Il mito di Adone fu uno dei temi preferiti dall’arte del Rinascimento e del Barocco. Per la pittura basterà ricordare Venere e Adone di Tiziano, La morte di Adone di Luca Giordano, Venere e Adone di Paolo Veronese, Adone trattenuto da Venere di Rubens.
Nella letteratura, si ricorda il mito di Venere innamorata di Adone per una freccia scagliatale da Amore, che compare nel X libro delle Metamorfosi del poeta latino P. Ovidio Nasone (43 a.C. - 17 d.C.). Nell'età rinascimentale e barocca, per la poesia si ricordano Venus and Adonis (1593), poemetto di W. Shakespeare in cui Adone è un casto giovane sedotto da un'esperta cortigiana; Adone (1623), poema in 20 canti di G. Marino, nel quale il tenue filo della trama è continuamente spezzato da digressioni che compromettono l'unità; Adonais, di P.B. Shelley (1792-1822), appassionata meditazione sulla morte e la sopravvivenza: la figura principale è quella del poeta stesso e da una commovente rivelazione di sé stesso egli si eleva a una fede appassionata nell'immortalità dell'elemento divino nell'anima umana. Per la musica, una menzione va all’opera omonima di I. Peri su testo di I. Cicognini, composta (1620) ma mai rappresentata, e quella di C. Monteverdi, su libretto di P. Vendramin, rappresentata a Venezia nel 1639.
Feste in onore di Adone, nelle quali si lamentava ritualmente la morte del dio. Ad Atene si esponeva un simulacro della divinità su un apparato funebre, oggetto di manifestazioni di cordoglio. Nel corso delle cerimonie venivano impiegati i cosiddetti ‘giardini di Adone’: ostraca contenenti un po’ di terra, nelle quali si seminavano piante di rapida fioritura.