Nel diritto internazionale, è uno dei mezzi di soluzione pacifica delle controversie (Controversia internazionale). Più precisamente, secondo la pertinente Convenzione dell’Aia (1907), l’arbitrato «ha per oggetto il regolamento di liti fra Stati per opera di giudici di loro scelta e sulla base del rispetto del diritto. Il ricorso all’arbitrato implica l’impegno di assoggettarsi in buona fede alla pronuncia». L’arbitrato internazionale è infatti caratterizzato dalla volontà degli Stati di dirimere una controversia (presente o futura) a mezzo di arbitri scelti dalle stesse parti, che devono decidere secondo diritto. La decisione degli arbitri è vincolante per le parti. L’arbitrato, menzionato tra i mezzi pacifici di soluzione delle controversie nell’art. 33 della Carta delle Nazioni Unite, è una forma di regolamento giudiziale, in quanto la procedura si conclude con una sentenza arbitrale che ha efficacia obbligatoria per le parti. In ciò si differenzia dai mezzi diplomatici di soluzione che sfociano in un accordo tra le parti, mentre il minor grado di istituzionalizzazione lo differenzia dai tribunali internazionali permanenti, operanti in base a regole precostituite (Tribunali internazionali). Le Convenzioni dell’Aia del 1899 e del 1907 hanno istituito la Corte permanente d’arbitrato, che – malgrado la denominazione – è in realtà una lista di arbitri designati dagli Stati contraenti, tra i quali gli Stati parti di controversie possono scegliere, di volta in volta, gli arbitri cui affidare la soluzione delle liti.
Base della competenza arbitrale. - La competenza arbitrale si fonda sul consenso delle parti in lite, che è sempre necessario e può manifestarsi mediante diversi strumenti giuridici: gli Stati parti di una controversia già in atto nominano un arbitro per la soluzione della stessa e si impegnano a rispettare la decisione arbitrale; essi stipulano il cosiddetto compromesso arbitrale.
L’istituzione dell’arbitro può anche essere prevista prima del sorgere di un’eventuale controversia in relazione all’applicazione e all’interpretazione di uno specifico trattato mediante l’inserimento nello stesso della cosiddetta clausola compromissoria. Spesso gli Stati per evitare controversie insolubili hanno concluso trattati generali di arbitrato, che riguardano controversie future di un certo tipo, indicando il collegio arbitrale competente a intervenire e le norme da applicare al caso in questione.
L’accordo con il quale si istituisce il collegio arbitrale di regola contiene, tra gli altri elementi, anche l’indicazione delle norme o dei criteri sui quali il giudizio arbitrale deve basarsi. In taluni casi, gli Stati parti di una controversia possono chiedere agli arbitri di risolvere la controversia in base a criteri extra-giuridici (arbitrato ex aequo et bono).
L’arbitrato tra Stati e privati. - Il ricorso all’istituto arbitrale si è rivelato utile anche per risolvere controversie tra Stati e persone fisiche o giuridiche, soprattutto nel settore degli investimenti stranieri. A tal fine, nel 1966 è stato istituito l’ICSID (International Centre for Settlement of Investment Disputes), sulla base della Convenzione costitutiva (Washington, 1965). L’ICSID, che è strettamente collegato alla Banca mondiale (Istituzioni finanziarie internazionali), provvede facilitazioni per l’arbitrato e la conciliazione di controversie tra i suoi Stati membri e gli investitori privati che abbiano la nazionalità di uno Stato membro, i quali possono istituire direttamente una procedura arbitrale nei confronti dello Stato d’investimento, con le cui autorità abbiano un contenzioso relativo all’investimento stesso, purché lo Stato d’investimento sia parte alla Convenzione ICSID.