Intesa da alcuni in senso soggettivo come l’ultimo motivo determinante della volizione negoziale, viene rappresentata oggi dalla dottrina prevalente quale la ragione e la funzione economico-sociale del negozio, quindi in senso oggettivo è nettamente distinta dallo scopo individuale che spinge il soggetto (o i soggetti) al negozio stesso (motivo). In questo senso si distingue anche dagli altri elementi essenziale del negozio: sia dall’oggetto (v. Oggetto del negozio giuridico), sia dall’intento. Nella sua più coerente formulazione la causa vale a identificare il tipo negoziale, ma nella dottrina sembra prevalere una tendenza contraria; si osserva che spesso negozi giuridici hanno identità di funzione e pertanto sono qualificabili solo in termini di struttura. La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, ordine pubblico e buon costume; tale illiceità rende nullo il negozio (art. 1343 c.c.). Si ritiene che la causa possa essere illecita solo nei negozi atipici, essendo determinata in quelli tipici dalla legge. Ciò non esclude che un determinato tipo negoziale, e specificamente contrattuale, possa essere, per così dire, piegato a svolgere concretamente una funzione illecita, il che avviene soprattutto mediante collegamento negoziale. Si ritiene che non vi sia vera e propria illiceità della causa nelle altre ipotesi che sembrano essere riportate sotto tale concetto dal codice, e cioè nel caso del negozio in frode alla legge (v. Negozio giuridico) e in quello dell’illiceità del motivo determinante (v. Motivi. Diritto civile).
La causa del contratto tra “funzione economico-sociale” e “sintesi degli interessi individuali delle parti" di Alessandro Galati