Il negozio giuridico è l’atto mediante il quale il privato è autorizzato dall’ordinamento giuridico a regolare interessi individuali nei rapporti con altri soggetti. Rientra nelle categorie degli atti giuridici, perché ha rilievo giuridico nel senso che è capace di produrre degli effetti giuridici solo in quanto sia espressamente previsto, riconosciuto o autorizzato dalla legge. Si distingue dagli atti giuridici in senso stretto, non aventi natura negoziale, perché nell’ambito della previsione legislativa esso costituisce uno strumento di cui il soggetto si può servire per la realizzazione di un proprio scopo; e tale scopo, nella misura in cui è autorizzato dalla legge, deve rispondere oltre che a un intento pratico individuale anche a una funzione sociale. Caratteri essenziali del negozio giuridico sono quindi la tipicità, l’autonomia privata e la causalità. Il negozio giuridico è tipico in quanto necessariamente compreso entro uno schema legislativo: non può darsi negozio giuridico fuori dallo schema legale che ne disciplini gli effetti. Anche i cosiddetti contratti atipici rientrano in realtà entro lo schema legale della disciplina dei contratti in generale contenuta nel codice civile e devono essere diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322 c.c.). Il negozio giuridico è espressione di autonomia privata in quanto il soggetto privato, pur rimanendo nell’ambito dello schema legale, è libero di determinare il contenuto della regolamentazione degli interessi (dettare comandi e statuizioni). Ciò ha portato a sostenere che il negozio giuridico non sarebbe soltanto fonte di rapporti giuridici (diritti ed obblighi), come ritiene la dottrina prevalente, ma addirittura di vere e proprie norme giuridiche. Infine, il negozio giuridico è sempre causale in quanto l’autorizzazione data dalla legge al privato per l’esplicazione della propria autonomia è condizionata all’interesse sociale. La funzione sociale non è esterna al negozio giuridico, ma implicita nello schema legale; si può dire che, nel porre in essere il negozio giuridico per perseguire fini individuali, il privato deve adeguarsi agli interessi sociali impliciti nello schema legislativo. Nel caso di un negozio privo di causa si parla di negozio giuridico astratto: ammissibile in ordinamenti dove la causa non è elemento essenziale del negozio (per es., in Germania), esso è nullo nell’ordinamento italiano (art. 1418 c.c.), salvo che ricorrano ipotesi espressamente previste dal legislatore: per es., la cambiale (invece, per astrazione processuale della causa, si intende una semplice inversione dell’onere della prova: per es., la promessa di pagamento ex art. 1988 c.c. dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale, che si presume esistente fino a prova contraria). Per esplicare i suoi effetti, il negozio giuridico deve oggettivarsi nell’ambito dell’ordinamento. Da fatto soggettivo deve diventare fatto oggettivo conosciuto o riconoscibile. In ogni caso la statuizione del comando in cui si esprime il negozio giuridico deve essere manifestata o dichiarata in modo concludente (cosiddetto principio dell’affidamento). In taluni casi la legge prescrive una forma particolare di espressione del negozio giuridico, non solo per permetterne la conoscenza, ma anche come condizione di validità del negozio. La dichiarazione inoltre deve avere un suo contenuto che rimane nell’ambito dello schema legale. Elementi essenziali del negozio giuridico sono: la volontà (intesa al conseguimento degli effetti voluti dal soggetto), la causa, l’oggetto e la forma, quando risulti prescritta dalla legge sotto pena di nullità. La volontà dev’essere manifestata o con dichiarazione apposita o con comportamento concludente; può essere dichiarata nelle forme prescritte dal diritto che diventano requisito essenziale al negozio stesso (negozi formali). Nel silenzio della legge i negozi sono da ritenersi non formali. I negozi possono, inoltre, essere a titolo oneroso o a titolo gratuito: nel primo caso, i soggetti del rapporto giuridico che dal negozio scaturisce subiscono un sacrificio che sia strumentale alla realizzazione dell’assetto di interessi da esse divisato; nel secondo caso, uno dei soggetti del rapporto scaturente riceve un vantaggio senza sopportare un sacrificio. I negozi possono essere unilaterali quando nascono dalla volontà di un soggetto, bilaterali o plurilaterali (per es., la delegazione) quando nascono dall’incontro di volontà di due o più soggetti. I negozi unilaterali si distinguono a loro volta in recettizi (per es., la ratifica) e non recettizi (per es., il testamento), secondo che la dichiarazione di volontà debba essere o no conosciuta dal destinatario. Elementi accessori del negozio sono la condizione, il termine, il modo. Quando il negozio è fornito di tutti i requisiti voluti dal diritto è valido e può produrre tutti i suoi effetti. Di contro, l’invalidità può consistere nella nullità radicale e nella annullabilità. La nullità è assoluta (qualsiasi interessato può farla valere); imprescrittibile; rilevabile dal giudice (anche senza istanza di parte); la sentenza che la dichiara è di mero accertamento e ha efficacia retroattiva. Si intende per negozio illecito il negozio volto a produrre un risultato non consentito da norme imperative, ordine pubblico o buon costume; il negozio illecito è nullo. L’annullabilità importa invece che il negozio esista, e consegua i suoi effetti, fino a quando non se ne sia impugnata la validità. Un negozio può essere posto in essere con finalità fraudolente: la legge distingue, in particolare, tra negozio in frode alla legge e negozio in frode ai creditori. Nel primo caso il negozio, pur rispettando formalmente la lettera della legge, è posto in essere per eludere in concreto, per es. mediante un collegamento con altro negozio, l’applicazione di una norma imperativa. La frode alla legge è causa di nullità del negozio (art. 1344 c.c.). Nel secondo caso, invece, il debitore pone in essere un negozio che reca pregiudizio alle ragioni dei suoi creditori, i quali possono reagire esperendo l’azione revocatoria e chiedendo pertanto che il negozio sia dichiarato, nei loro confronti, inefficace. Si ha negozio fiduciario quando un soggetto (fiduciante) trasferisce a un altro soggetto (fiduciario) un diritto, che deve essere esercitato in un modo determinato e con uno scopo ben definito: per es., nel caso del trasferimento della proprietà di un bene, con l’intesa che questo serva di garanzia per un credito e debba essere retrocesso dopo il pagamento (fiducia cum creditore), oppure che debba essere usato nell’interesse del fiduciario e successivamente restituito (fiducia cum amico). A differenza del negozio simulato, in cui il trasferimento non è effettivamente voluto, nel negozio fiduciario esso avviene realmente, sia pure per una causa diversa da quella normale. Sebbene nell’ordinamento italiano il negozio fiduciario non sia espressamente disciplinato, deve ritenersi non vietato, salvo il caso in cui venga usato per scopi illeciti, come, per es., nel trasferimento di beni fatto in frode ai creditori. Si definisce negozio giuridico per relationem quello in cui le parti, nel formulare la dichiarazione, fanno riferimento a un elemento esterno (per es., un altro negozio giuridico). In particolare, con l’espressione relatio sostanziale ci si riferisce a uno strumento di individuazione della volontà espressa che si rifà a una fonte esterna, con relatio puramente formale a uno strumento di individuazione di una realtà già perfettamente determinata. Si distingue, ancora, tra relatio perfetta e relatio imperfetta, quando, rispettivamente, il rinvio alla fonte estrinseca avviene a opera di tutte le parti del negozio o di una parte soltanto. Il negozio posto in essere per raggiungere scopi difformi da quelli cui è preordinata la causa del negozio stesso (per es., la vendita di un bene che vale 100 al prezzo di 10 per arricchire il compratore, pur essendo formalmente una vendita, realizza in pratica la finalità di una donazione) si definisce, invece, negozio giuridico indiretto.
Interpretazione del negozio giuridico
Il trust nello scenario internazionale e la sua operatività in Italia alla luce dell’art. 2645-ter c.c. di Francesco Di Ciommo