Corrente pittorica il cui linguaggio fu elaborato, tra il 1907 e il 1914, da P. Picasso e G. Braque. All’iniziale, simbiotico sodalizio dei due artisti si unirono, con significativi contributi, A. Derain, J. Metzinger, J. Gris, A.-L. Gleizes, F. Léger, R. Delaunay e altri. Il c. ebbe tra i suoi esponenti anche scultori come R. Duchamp-Villon, A. Archipenko, J. Lipchitz, J. Csaky e, al di fuori della Francia, si diffuse particolarmente in Cecoslovacchia. Il gruppo, sostenuto da G. Apollinaire (Les peintres cubistes. Méditations esthétiques, 1913) e da D.-H. Kahnweiler (Der Weg zum Kubismus, 1920, ma scritto nel 1914), ebbe i primi e combattuti impatti con il pubblico, oltre che presso la galleria parigina di Kahnweiler, al Salon des Indépendants (dal 1910) e al Salon d’Automne (dal 1911).
Negli scritti di Gleizes e Metzinger (Du cubisme, 1912), centrale, ma non esclusivo, è il problema dello spazio e, ricusato l’illusionismo prospettico, della sua rappresentazione sulla superficie. Di fatto la sintesi delle tre dimensioni si attuò come ribaltamento della profondità sul piano e come scomposizione e compenetrazione degli oggetti, affinché tutte le sensazioni da essi provenienti avessero lo stesso grado di evidenza e di intensità. Il rinnovato interesse per l’arte di Cézanne, destato dalla retrospettiva del Salon d’Automne del 1907, e la rivelazione dell’arte primitiva, vista, per le sue qualità formali, anche come strumento di liberazione da una «falsa tradizione», sembrano offrire le premesse della ricerca cubista. Animate discussioni, testimoniate da critici contemporanei (O. Hourcade, M. Raynal, A. Salmon), sulla relatività, sul superamento dello spazio euclideo, sull’essenza della realtà e sull’apprendimento concettuale, rivelano attenzione alla riflessione contemporanea, dal neokantismo a H. Bergson, e rendono complessa e poliedrica la poetica cubista: la messa in discussione di ogni elemento pittorico, spazio, forma, colore, tecnica (in particolare ➔ collage), si presenta come riflessione sulla realtà stessa.
Le locuzioni c. analitico e c. sintetico, che negli scritti di Gleizes e di Kahnweiler contengono riferimenti estetico-gnoseologici precisi, assunsero nella critica tra le due guerre il valore di individuazione di due momenti del percorso stilistico del c.: l’immagine dell’oggetto naturale, analizzata e presentata simultaneamente nella sua scomposizione, assumerebbe, infatti, dopo il 1911 una forma sempre più geometricamente astratta e la sua struttura si connoterebbe quale realtà indipendente, quale costruzione o sintesi, e il c. diventerebbe momento essenziale del percorso astratto dell’arte (A. Barr). Per esigenze politiche e culturali degli interpreti fu privilegiato così l’aspetto formale del c., eludendo le implicazioni iconografiche nei temi apparentemente limitati e insignificanti (ritratti, nature morte ecc.) e il rapporto con il contesto storico. Il complesso intreccio di politica, scienza, estetica che è alla base del c., rilevato tra le due guerre solo da dadaisti e surrealisti, è stato oggetto di rinnovato interesse nel secondo dopoguerra.