déco (arts déco) Termine usato per designare lo stile diffuso in Europa e negli Stati Uniti dagli anni 1920, caratterizzato da forme classiche e misurate, di gusto modernista, geometrico e prezioso. Giunto a grande diffusione con la Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes, tenuta a Parigi nel 1925, e perciò detto anche Stile 1925, il d. si affiancò alle ricerche razionaliste, che si sarebbero affermate poi nel secondo dopoguerra.
Il d. rappresentò una risposta alla necessità dell’invenzione di uno stile ‘moderno’ nelle arti applicate, posta dall’esigenza dei mercanti francesi di riportare a livello europeo la produzione di mobili e oggetti d’uso che, dopo l’esaurimento dell’art nouveau, era tornata alla stanca imitazione degli stili storici.
Soprattutto per merito del sarto P. Poiret, noto per le sue rivoluzionarie collezioni di moda illustrate da disegnatori come Erté, P. Iribe e G. Lepape, furono introdotti in Francia nuovi criteri di progettazione e di organizzazione del lavoro, seguendo il modello di fortunate iniziative straniere come la Wiener Werkstätte austriaca, fondata da J. Hoffmann nel 1903, e il Werkbund tedesco. Sezioni speciali per l’arredamento, dirette da personaggi quali M. Dufrène e P. Follot, furono aperte presso i principali magazzini di Parigi: Printemps, Galeries Lafayette, Bon Marché e Louvre. Lo stile nato da questi laboratori risultava dall’innesto delle moderne tendenze internazionali sulla tradizione francese: un classicismo modernista, geometrico e antinaturalistico, a conoscenza della lezione cubista nella semplificazione delle forme e nell’uso di linee spezzate. Elegante, accurato, prezioso anche nella scelta dei materiali, il nuovo stile influenzò la produzione di mobili, lampade, stoffe, tappezzerie, ceramiche, vetri, gioielli, manifesti e libri.
A un gusto d. può essere ricondotto anche il repertorio di forme e di immagini diffuso negli stessi anni nell’architettura, e che aveva le sue premesse nelle opere di maestri come C.R. Mackintosh, P. Behrens, J.M. Olbrich, e soprattutto nel Palazzo Stoclet di J. Hoffmann a Bruxelles (1905): ne sono costitutivi l’accentuato verticalismo, le cornici a gradini e a segmenti curvilinei, le ampie spaziature nelle facciate, una decorazione geometrica, con fregi compatti di fiori stilizzati, rose, fontane zampillanti ecc. Fra i più cospicui esempi di tale architettura, particolarmente rappresentata negli USA, è il Chrysler building di W. Van Alen (1930) a New York. Al d. si avvicinarono in Italia disegnatori, decoratori e architetti, come S. Tofano, M. Dudovich, L. Cappiello, A. Mazzucotelli, U. Giusti, Gio Ponti, F. Nonni e altri.