Delitto commesso da chiunque si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto. Disciplinato dall’art. 624, il furto appartiene alla categoria dei delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone. Il bene giuridico tutelato dalla norma è la garanzia del godimento della proprietà o della semplice detenzione di una cosa mobile rispetto al possibile spossessamento da parte di terzi. Ai fini della configurazione di questo delitto sono qualificate come cose mobili anche le energie naturali, l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia un pur minimo valore economico. In materia penalistica sono considerate mobili anche le cose originariamente immobili che si siano distaccate dal complesso cui aderiscono. I beni immateriali, quali le opere di ingegno, ritenuti cose mobili nel diritto civile, sono considerati tali anche nel diritto penale, e quindi possibili oggetto di furto, solo se trasfusi su un supporto materiale che ne permetta l’impossessamento, per es. su un documento. Non sono oggetto di furto la cosiddetta res nullius, su cui nessuno ha un diritto di proprietà, o la cosa abbandonata dal suo proprietario. La sottrazione ha luogo quando la cosa oggetto del reato si affranca dalla signoria del soggetto passivo e diviene oggetto di impossessamento del soggetto agente; la detenzione si configura invece nel potere di fatto sulla cosa.
È infine qualificabile come profitto qualsiasi vantaggio economico, materiale o morale. Salvo non ricorrano circostanze aggravanti, il delitto è punibile a querela della persona offesa. Se il delitto viene commesso mediante introduzione in un edificio, o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora, o nelle pertinenze di essa, si configura il furto in abitazione (art. 624 bis, co. 1, c.p.); se la cosa viene strappata di mano o di dosso alla persona, il furto f. con strappo (art. 624 bis, co. 2, c.p.).
Nella teologia morale, il furto è considerato peccato, perché viola non solo il diritto divino e umano, ma anche il diritto naturale; esso è contrario al settimo comandamento del Decalogo. Tuttavia non è facile stabilire quando si tratti di peccato grave o soltanto veniale. A tale scopo, vanno considerati tre elementi: il danno cagionato al derubato, il danno arrecato alla società (con la violazione della giustizia e della carità e il perturbamento dell’ordine sociale) e l’indebito arricchimento del ladro. È ovvio che la gravità di questi elementi è suscettibile di una valutazione diversa secondo le persone e le circostanze. Vi sono inoltre cause permissive o scusanti, per le quali anche il furto è lecito: tali sono la necessità estrema e la compensazione occulta, che in taluni casi può essere lecita.