L’interdizione giudiziale è una misura di protezione posta a favore di un maggiore di età, di un minore emancipato e di un minore non emancipato nell’ultimo anno della sua minore età che si trovino in condizioni di abituale infermità di mente tali da renderli incapaci di provvedere ai propri interessi (art. 414 c.c.). In questo caso i soggetti elencati dall’art. 417 c.c. (l’interessato stesso, il coniuge e così via) possono promuovere l’istanza di interdizione. La sentenza che pronuncia l’interdizione giudiziale priva della capacità di agire il soggetto nei cui confronti è emessa; dopo l’entrata in vigore della legge 9 gennaio 2004 n. 6, che ha notevolmente ridotto il campo di applicazione della figura, un soggetto può essere interdetto solo quando l’interdizione sia necessaria per assicurargli adeguata protezione. Alla cura degli interessi dell’interdetto provvede un tutore, che potrà compiere tutti gli atti di straordinaria e ordinaria amministrazione. Gli atti compiuti dall’interdetto sono annullabili, ma nella sentenza che pronuncia l’interdizione, o in successivi provvedimenti dell’autorità giudiziaria, può stabilirsi che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere validamente compiuti dall’interdetto senza l’intervento ovvero con la mera assistenza del tutore (art. 427 c.c.), ma in ogni caso l’interdetto non potrà essere autorizzato al matrimonio (art. 85 c.c.). Quando cessa la causa dell’interdizione, questa può essere revocata (art. 429 c.c.), ma l’autorità giudiziaria che, pur riconoscendo fondata l’istanza di revoca dell’interdizione, non crede che l’infermo abbia riacquistato la piena capacità, può revocare l’interdizione e dichiarare inabilitato l’infermo medesimo.
L’interdizione legale (art. 32-33 c.p.) è invece una pena accessoria (v. Pena criminale) alla sentenza di condanna alla reclusione. Il condannato per un delitto non colposo per un periodo non inferiore a cinque anni è, durante la pena, in stato di interdizione legale. All’interdizione legale si applicano, per quanto riguarda la disponibilità e l’amministrazione dei beni, nonché la rappresentanza negli atti ad esse relativi, le disposizioni sull’interdizione giudiziale.
Interdizione di vocabolario La proibizione (detta anche tabu lessicale) di usare determinate parole, che vengono sostituite con eufemismi: sinonimi, metafore, perifrasi, forme alterate per metatesi o altro cambiamento di fonemi. È un fenomeno d’ordine sociale, dovuto a credenze religiose, superstizioni, al senso delle convenienze e del rispetto verso gli altri.
In elettronica, regime di funzionamento di un componente attivo nel quale l’intensità della corrente d’uscita è nulla o assume il valore minimo nel suo campo di variabilità. In un tubo termoelettronico l’interdizione corrisponde a corrente anodica nulla; tale regime si ottiene applicando una tensione negativa alla griglia, di valore tale da creare un campo elettrico che impedisce agli elettroni, emessi dal catodo, di raggiungere l’anodo. In un transistore l’interdizione corrisponde a corrente di collettore minima; tale regime si ottiene polarizzando inversamente oltre alla giunzione base-collettore, anche quella base-emettitore: le uniche cariche uscenti dal collettore sono quelle minoritarie dovute alla polarizzazione inversa della giunzione base-collettore e pertanto la corrente di uscita è la minima possibile; a seconda del tipo di connessione sono diverse le condizioni per il verificarsi dell’interdizione (per es., per connessione a base comune deve essere nulla la corrente di emettitore).
Atti di ordinaria e straordinaria amministrazione
Annullabilità e annullamento. Diritto civile
Incapacità legale e incapacità naturale