(lat. Italici) Antica denominazione comprensiva delle popolazioni dell’Italia centro-meridionale, eccettuati gli abitanti delle Puglie (Iapigi), gli Etruschi e i coloni greci (Italioti) trapiantatisi nelle colonie dell’Italia meridionale (Magna Grecia). Negli studi di antichistica, il termine I. è usato anche in un’accezione più ampia, per indicare tutte le popolazioni di origine locale stanziate sul suolo dell’Italia antica prima dell’unificazione operata da Roma (fig.).
In senso più tecnico si chiamarono I., in contrapposizione ai provinciales (abitanti delle province fuori dell’Italia), i confederati di Roma in Italia, fuori del Lazio. Questo nome etnico assunsero nella ribellione contro Roma del 90-89 a.C. (guerra sociale).
La colonizzazione greca lungo le coste della Calabria e della Campania, nella seconda metà dell’8° sec. a.C., interruppe il processo di articolazione sociale che si stava compiendo all’interno delle comunità locali in via di sviluppo. Queste popolazioni vennero forzatamente integrate oppure respinte all’interno delle regioni, dove crearono una rete di insediamenti, che si potenziarono soprattutto nel corso del 7° secolo. L’effetto della colonizzazione greca comportò invece forme di accelerazione culturale presso genti con organizzazioni più compatte, che instaurarono contatti sistematici con i coloni greci (Puglia e Italia centrale).
In Puglia l’etichetta di Iapigi sembra generica nei confronti dello sviluppo autonomo di comunità distinguibili nell’area del Salento (centri fortificati dei Messapi), nella provincia barese (dominata dai Peucezi) e in quella foggiana (sede dei Dauni). Nell’Italia centrale, il riverbero della mediazione greca comportò il consolidarsi di comunità protourbane dell’Etruria e del Lazio, con effetti anche presso le genti tiberine, in specie presso i Sabini, dove viene anche elaborato un sistema di scrittura proprio. Più a N, forme di continuità dall’età del Bronzo finale mostra la necropoli di Ancona, mentre nell’enclave del Marecchia si sviluppò una cultura strettamente connessa con quella villanoviana. Nell’Italia settentrionale, oltre il Po, si formarono aggregati nella regione veneta, mentre gruppi parlanti una variante del celtico sembrano attestarsi soprattutto ai bordi meridionali dei grandi laghi alpini, a Como e a Golasecca. Diffuso, dalle regioni del Sud a quelle del Nord, fra 7° e 6° sec. a.C., è l’affioramento di una classe sociale di ‘principi’ detentori del potere militare e delle ricchezze, i cui simboli vengono esibiti nelle tombe, sia maschili sia femminili, ma anche negli insediamenti.
La fine del 6° sec. a.C. rappresentò per gran parte delle genti italiche un momento di rottura e trasformazione, dovuto a profondi mutamenti politici. Se il territorio della Puglia sembra sviluppare un’edilizia stabile in centri che assumono carattere urbano, tali aspetti di continuità vennero meno in altre regioni, interessate dall’insediarsi di nuovi gruppi etnici. Si tratta di una mobilità con carattere di ‘colonizzazione’, che portò alla formazione di nuovi Stati etnici nell’Italia centromeridionale (Campani, Lucani, Bretti; nell’area medio-adriatica: Picenti, Pretuzi, Marrucini, Peligni, Frentani ecc.). Tali società sembrano basarsi soprattutto su un’organizzazione aristocratico-militare, che affiora nelle tombe, ricche di armi, come pure nelle pitture tombali dei gruppi urbanizzati (Poseidonia, Capua, Nola). Fenomeno generalizzato è inoltre quello degli insediamenti fortificati. I centri della Puglia sono invece avviati verso una cultura di tipo cittadino, attestata dal lusso delle abitazioni e dagli apprestamenti tombali (Arpi, Ruvo, Canosa, Egnazia). In Italia centrale l’affioramento degli Umbri provoca, sul versante tiberino, la formazione di città di ‘frontiera’ esemplate sul modello etrusco (Todi). Sul versante adriatico emerse un prevalente assetto militare della società, effetto pure delle nuove forme di navigazione (Numana, Spina, Adria). Il fiume Po con i suoi affluenti di sinistra diviene, dalla fine del 6° sec. a.C. e in seguito alla fondazione di Mantova, una sorta di via preferenziale del commercio verso il mondo transalpino. Ciò provocò la diaspora graduale di gruppi di Celti. Isolato appare il Veneto dove, fra 5° e 4° sec. a.C., spiccano i santuari con depositi votivi (Este, Padova, Vicenza, Altino) che evidenziano sia nei bronzetti sia nelle lamine sbalzate un popolo di devoti connotati come guerrieri e cavalieri.
Il 3° sec. a.C. rappresenta l’inizio della progressiva espansione romana nell’Italia peninsulare. Le forme di alleanza instaurate dalle aristocrazie locali con Roma consentirono un diffuso sviluppo, specie nell’edilizia templare.
Dialetti italici I dialetti parlati dai vari gruppi linguistici italici. Nel 5°-2° sec. a.C. i ceppi più importanti, di origine indoeuropea, erano l’osco, parlato in Sannio, Campania, Bruzio, Lucania, e l’umbro, parlato tra l’Appennino e la riva sinistra del Tevere. Accanto a questi ceppi principali, erano numerosi dialetti secondari: dei Falisci, Marsi, Peligni ecc.