Termine tedesco («scarto») già usato in Germania dalla metà del 19° sec. in riferimento a prodotti (oggetti, mobili) di bassa qualità ma con pretese estetiche, di imitazione o falsificazione da originali antichi.
Attraverso un dibattito svolto soprattutto in Germania nel periodo tra le due guerre, la nozione di K. fu elaborata come categoria in riferimento al rapporto tra arte e società nell’era della tecnologia e dei consumi di massa; il termine, assunto nel lessico intellettuale internazionale (con l’aggettivo kitschig «proprio del K.»), passò a indicare quell’aspetto del cattivo gusto che contrassegna la produzione estetica destinata alle attese dell’uomo medio della civiltà contemporanea. I principali temi sociali, familiari, religiosi, trasformati in canonici luoghi comuni e identificati in un preciso repertorio d’immagini, soprattutto a cavallo dei due secoli divengono fonte di ispirazione di una vastissima produzione di K., dalle immagini sacre alle cartoline sentimentali, alle opere cimiteriali o patriottiche, alla letteratura rosa, ai souvenir, e così via. Ciò che distingue il K. è la pretesa autenticità, e validità, di procedimenti formali frutto viceversa di facile imitazione o grossolana contraffazione. La moderna produzione di serie e l’invenzione di nuove tecniche di riproduzione hanno infatti reso possibile l’offerta, a un pubblico sempre più vasto, di una merce mediocre e a buon mercato, ma di confezionatura piacevole e appariscente, in un fenomeno che spazia dalla produzione di oggetti alla proposta commerciale di attività, come i viaggi organizzati ‘tutto compreso’ nei luoghi deputati della natura e dell’arte.
Lezioso, ridondante e tendenzialmente baroccheggiante tra la fine del 19° e l’inizio del 20° sec., nei decenni successivi il K. si adegua ai caratteri più esteriori del rinnovamento formale proposto dal funzionalismo europeo. L’organizzazione del mercato interviene infatti in modo sensibile sulla percezione della produzione artistica, dalla musica alla letteratura, al teatro, al cinema, alle arti figurative, all’architettura; le operazioni d’avanguardia sono esposte a una rapida obsolescenza, e l’innovazione formale, fatta propria dalla pubblicità o dall’arte di consumo, è sottoposta a un processo di volgarizzazione.
Allo studio delle problematiche del K., dei suoi rapporti con la storia, l’arte, la società, il comportamento, hanno contribuito studiosi quali F. Karpfen, H. Broch, W. Benjamin, T.W. Adorno, A. Moles, G. Dorfles. Broch ha coniato la definizione di uomo-K. (Kitsch-Mensch), prodotto di una società in cui alla mancanza di valori etici di base si tenta di sopperire con l’esaltazione di valori estetici facili e fittizi.