(o Nibelungi) Termine con cui, sembra fin dall’età barbarica, venivano indicati sia i mitici possessori di un favoloso tesoro sia la stirpe regale dei Burgundi. Secondo alcune interpretazioni, il nome N. andrebbe a designare tutti coloro che entrano in possesso di questo tesoro.
Il ciclo nibelungico è il più ampio e famoso fra i cicli eroici germanici. Ha due fulcri principali e indipendenti: l’eccidio dei Burgundi (il cui nucleo storico consisterebbe nella disfatta subita nel 437 dai Burgundi per opera degli Unni) e la morte di Sigfrido (alla cui base si porrebbe una delle tante uccisioni a tradimento della storia merovingia). Queste due leggende (con le loro ramificazioni) finirono con il costituire un solo grande ciclo soltanto nel 13° sec., quasi contemporaneamente in Austria (Nibelungenlied) e in Norvegia (Thidrekssaga).
La storia poetica dei N. è giunta con grosse lacune. I monumenti conservati (i carmi dell’Edda e il Nibelungenlied in primo luogo) permettono però di ricostruirla con sufficiente approssimazione. A capo di questa storia sta l’eddica Atlakvidha («Carme di Attila»; Norvegia, 9° sec.). Lacunosa e già restaurata in tempi remoti, essa offre la più antica rappresentazione letteraria dell’eccidio dei capi burgundi. Autore di questa strage, Attila, pallido despota orientale, ipocrita e avido d’oro, ucciso a sua volta dalla propria sposa, la burgundica Gudrun. Questo primitivo schema narrativo fu trasformato radicalmente nella Germania meridionale prima del 12° sec.: qui, era la sposa di Attila (chiamata Crimilde) a vendicare sui propri fratelli colpevoli la morte del suo primo sposo Sigfrido. In questa innovazione entra il tema dell’uccisione di Sigfrido per opera dei principi burgundi nonché la leggenda ostrogotica di Teodorico, che raffigura Attila come un grande signore ospitale e benevolo. Tale innovazione divenne la vulgata nei paesi tedeschi (è l’intreccio del Nibelungenlied) e si irradiò anche verso la Scandinavia (Thidrekssaga). Il monumento più antico che conosciamo su Sigfrido è anch’esso un carme eddico (11°-12° sec.), giuntoci dimezzato (da qui il nome di Brot, cioè «Frammento»): vi campeggia la figura di Brunilde, che mantiene questa posizione centrale (come l’innamorata di Sigurd) in parte della successiva tradizione nordica (Carme breve di Sigurd ecc.). La tradizione tedesca, invece, darà sempre maggior rilievo alla sua antagonista Crimilde. D’altro canto la figura poetica di Sigfrido spingerà a comporre carmi e racconti sulla sua origine e soprattutto sulla sua conquista del favoloso tesoro e l’uccisione del drago, il cui sangue, bagnandolo, lo rese invulnerabile tranne in un punto (Sigfrido «dalla pelle di corno»).
La Germania teutonizzante del 19° sec. ritentò insistentemente la tematica nibelungica, basti citare la trilogia Der Held des Nordens (1808-10) di F. de la Motte Fouqué (il primo dramma nibelungico tedesco, dopo la tragedia Des Hürnen Seyfrid di H. Sachs, 1557), ma soprattutto la tetralogia operistica Der Ring des Nibelungen di R. Wagner (1848-76) e la trilogia tragica Die Nibelungen (1862) di F. Hebbel. Da ricordare anche la rielaborazione della saga attuata da M. Mell nel dramma Der Nibelunge Not (1951).