In psichiatria, secondo il Diagnostic and statistical manual of mental disorders (DSM IV Text Revision, 2000), psicosi caratterizzata da «diffidenza e sospettosità pervasive nei confronti degli altri (tanto che le loro intenzioni vengono interpretate come malevole), che iniziano nella prima età adulta e sono presenti in una varietà di contesti» e una forma di schizofrenia caratterizzata dalla «presenza di uno o più deliri o di frequenti allucinazioni uditive». I sintomi del delirio (interpretazioni, illusioni, percezioni deliranti, fabulazioni, intuizioni) sono ampiamente riconducibili a una patologia della convinzione, patologia che si realizza con una polarizzazione di tutte le forze affettive nel senso di una costruzione delirante che subordina tutta l’attività psichica ai propri fini. Sono deliri relativamente coerenti, logici nella loro illogicità, relativamente plausibili. Di qui la loro forza di convinzione e anche di induzione (delirio a due).
Il concetto di p., la sua storia e la sua evoluzione nel pensiero medico hanno lontanissime radici. Descrizioni molto esatte si ritrovano nella ‘psichiatria’ greco-romana, soprattutto in Celio Aureliano e Aulo Cornelio Celso. In epoca moderna, a partire dalla seconda metà del 18° sec., il termine fu usato nel senso sempre più specifico di malattia psichica; assunse il significato psichiatrico attuale con J.C. Heinroth (De paranoia fixa perperam dicta monomania, 1842) e soprattutto con K.L. Kahlbaum (1863). Descrizioni magistrali della malattia si devono a V. Magnan (1886) e, soprattutto, a J. Seglas (1895). P. Sérieux e J. Capgras legarono il loro nome (1909) alla forma più tipica del delirio paranoico, il delirio di interpretazione. E. Kraepelin distinse la p. primaria dalle forme mal sistematizzate (demenze paranoidi) che fece rientrare nella demenza precoce, in quel vasto ambito per il quale poi E. Bleuler conierà il fortunato termine di schizofrenia.
Fin dai primi accenni nelle lettere a Fliess (1895), S. Freud riconobbe che nella p. domina incontrastato il meccanismo psichico della proiezione; nelle sue ‘neuropsicosi di difesa’ (1896) formulò la teoria che il ritorno del represso in forma di idee deliranti esige l’accettazione dell’Io. Studiando poi le memorie di un famoso paranoico, il presidente Schreber (1903), aggiunse importanti elementi alla sua teoria, primo fra tutti quello della connessione con impulsi omosessuali latenti (1911). Il modello della formazione del sintomo è quello della fissazione, repressione e ritorno del represso nel sintomo. La fissazione paranoica avrebbe luogo a un livello narcisistico precoce, intermedio fra l’autoerotismo primitivo e l’amore oggettuale. Il ritorno del represso avviene sotto forma di delirio di persecuzione. È del 1922 l’importante contributo freudiano al problema della gelosia nei suoi rapporti con la p. e l’omosessualità, cui segue la nota formulazione della percezione dell’ostilità inconscia.
M. Klein ha compiuto il tentativo più impegnato e ambizioso di tracciare lo sviluppo del pensiero paranoico durante il primo anno di vita, da un punto di vista psicanalitico. La Klein ha ipotizzato l’esistenza di una posizione paranoide nel bambino di 3 mesi, causata dall’uso esteso della proiezione come difesa contro ‘persecutori’ interni ed esterni. Gli analisti neofreudiani hanno invece teso a seguire H.S. Sullivan nel sottolineare i fattori interpersonali piuttosto che quelli intrapsichici nella genesi del pensiero paranoico. È stata inoltre prestata molta attenzione alle vicissitudini dei rapporti precoci madre-figlio.