La pubblicità commerciale è ogni forma di comunicazione volta a promuovere la vendita di beni o la prestazione di servizi da parte di un operatore economico (art. 2, lett. a, d.lgs. n. 145/2007).
Disciplina. - Il Codice del consumo fa rientrare la pubblicità commerciale nella più ampia nozione di «pratica commerciale» e aggiunge che tale pratica è ingannevole se contiene informazioni non rispondenti al vero o idonee a indurre in errore, ed è scorretta se contraria alla diligenza professionale.
Il divieto generale di pubblicità ingannevole è stato introdotto nel 1992 con il d. lgs. 74/1992 di attuazione della direttiva CE 540/1984. Attualmente, la materia è disciplinata agli artt. 18 ss del d. lgs. 206/2005 (Codice del consumo), come modificato dal d. lgs. 146/2007, relativo alla tutela dei consumatori nei confronti delle pratiche commerciali sleali e/o aggressive, e dal d. lgs. 145/2007, a tutela dei professionisti, contro pubblicità ingannevole e pubblicità comparativa scorretta. Infine, ove ne ricorrano i presupposti, la pubblicità ingannevole può integrare anche un’ipotesi di concorrenza sleale nei rapporti tra imprese, ex art. 2598 c.c.
Tutela amministrativa e giurisdizionale. - Il potere di inibire gli atti di pubblicità ingannevole è attribuito all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che può avvalersi della Guardia di Finanza. Il provvedimento inibitorio è impugnabile innanzi agli organi di giustizia amministrativa, mentre la sua inosservanza è punibile con sanzioni amministrative pecuniarie. Nei casi di reiterata inosservanza, l’Autorità può disporre la sospensione dell’attività d’impresa per un periodo non superiore a 30 giorni. L’Autorità può anche disporre che il professionista fornisca prove circa l’esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità. Se la prova è omessa o viene ritenuta insufficiente, i dati di fatto sono considerati inesatti. Incombe in ogni caso sul professionista l’onere di provare con allegazioni di fatto che egli non poteva ragionevolmente prevedere l’impatto della pratica commerciale scorretta sui consumatori.
Autodisciplina. - Una disciplina della pubblicità ingannevole è prevista anche dal Codice di autodisciplina pubblicitaria, corpo di norme private emanate dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, la cui prima edizione risale al 1966. Tali norme sono vincolanti solo nei confronti di chi le abbia accettate.
Più in generale, le associazioni e le organizzazioni imprenditoriali o professionali possono adottare, in relazione a una o più pratiche commerciali, appositi codici di condotta, in cui sia indicato il soggetto responsabile o l’organismo incaricato della loro applicazione (cosiddetto Giurì), soggetto o organismo a cui le parti possano ricorrere prima di avviare la procedura davanti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il ricorso agli organismi di autodisciplina non pregiudica in ogni caso il diritto di adire l’Autorità. Sull’Autorità e sulle associazioni od organizzazioni imprenditoriali e professionali incombe, infine, l’onere di informare il ministero dello Sviluppo economico circa le decisioni adottate. Sulla base delle comunicazioni ricevute, il ministero provvede affinché siano disponibili le informazioni generali sulle procedure relative ai meccanismi di reclamo (estremi delle autorità, organizzazioni o associazioni presso le quali si possono ottenere ulteriori informazioni o assistenza; dati sulle decisioni significative in materia, comprese quelle adottate dagli organismi di composizione extragiudiziale).
Concorrenza. Diritto Commerciale