L’annullamento consegue all’anormalità di un atto amministrativo. In particolare, si usa distinguere l’annullamento su ricorso, risultante cioè dalla presentazione di un ricorso, amministrativo o giurisdizionale, l’annullamento d’ufficio, consistente nel ritiro spontaneo da parte di una pubblica amministrazione di un atto amministrativo affetto da vizi di legittimità originari, e l’annullamento in sede di controllo (in particolare sugli atti amministrativi degli enti locali).
I vizi di legittimità per cui è tradizionalmente annullabile un atto amministrativo consistono nell’incompetenza, nell’eccesso di potere e nella violazione di legge. Nell’incompetenza, che può presentarsi «per grado», «per valore», e «per materia», alcuni fanno rientrare anche i difetti di composizione di organi collegiali, di numero legale, di incompatibilità (si v. competenza amministrativa).
L’eccesso di potere è frutto di una creazione giurisprudenziale e consiste in un vizio funzionale dell’atto, che si manifesta direttamente quale sviamento di potere o, indirettamente, in alcune figure cosiddette sintomatiche (irragionevolezza, illogicità, contraddittorietà, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione. La violazione di legge è infine il vizio residuale che ricomprende tutte le manifestazioni di illegittimità non riconducibili a incompetenza e a eccesso di potere, quali l’errata applicazione di norme, i vizi della volontà e dell’oggetto, i vizi dei presupposti e tutti i vizi formali.
Non sempre, tuttavia, la ricorrenza di uno dei tre vizi conduce all’annullamento dell’atto da parte del giudice amministrativo.
La l. n. 80/2005 che ha modificato la l. n. 241/1990 sul procedimento amministrativo, oltre ad aver espressamente disciplinato all’art. 21 octies, comma 1 i tradizionali vizi di legittimità dell’atto amministrativo, al comma 2 ha infatti previsto che la ricorrenza di determinati vizi (cd. formali o relativi al mancata comunicazione di avvio del procedimento) può non determinare l’annullamento dell’atto laddove l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto dispositivo dello stesso atto non sarebbe comunque potuto essere diverso da quello concretamente adottato.
Aldilà di tali ipotesi - che investono il momento della tutela giurisdizionale - l’atto annullabile può essere comunque convalidato dalla stessa amministrazione se sussistono rilevanti ragioni di interesse pubblico e, comunque, entro un termine ragionevole. Tale potestà generale rientra, tuttavia, tra i poteri di autotutela decisoria dell’amministrazione; in questa prospettiva, la l. n. 80/2005 ha disciplinato il potere generale di convalida dell’atto viziato nell’ambito dell’art. 21 nonies che si occupa dell’annullamento d’ufficio.
Annullabilità e annullamento. Diritto civile