Filosofo, poeta, saggista, drammaturgo romeno (Iaşi, 1898 - Auschwitz-Birkenau 1944). Inizia la sua attività di intellettuale nella nativa Romania, per emigrare a Parigi nel 1923. Qui, incontra, presso J. de Gaultier, il filosofo russo L. Šestov che diventerà suo mentore (da tale frequentazione deriverà l’opera Rencontres avec Léon Chestov, 1982). Šestov gli insegna non solo il proprio pensiero, ma anche quello di altri autori, portando F. a prendere coscienza dell’aspetto nietzscheano della sua personalità, che si riversa nel suo pensiero esistenziale. Nel 1933 pubblica Rimbaud le Voyou, nel 1936 La Conscience malheureuse. Tale opera costituisce la base su cui F. elaborerà ulteriormente il suo proprio pensiero filosofico in continuo confronto con autori come Šestov, Nietzsche e Kierkegaard, Husserl, Heidegger, Freud, Bergson e Gide. La problematica centrale del testo e della filosofia di F.: il bisogno di trovare un nuovo modo di filosofare. Portatrice di una diversa nozione di «realtà» e senza sottovalutare la dimensione sociale e politica dei problemi umani, la sua ricerca non teme di affermare il primato dei problemi esistenziali e di ribadire «l’integrità e l’indivisibilità della coscienza infelice che soffre globalmente, ma non indistintamente, dell’assenza di pane, di lavoro, di libertà, di giustizia ma anche della presenza ostile dell’irrealtà, della contraddizione, dell’impotenza, della necessità della morte». Il compito della vera filosofia non è, dunque, quello di verificare o di "inventariare" concetti astratti, né di esaminare come essi giochino con le leggi della logica aristotelica. Rivolta profonda piuttosto che speculazione, la filosofia non è destinata a calmare le inquietudini dell’uomo. Essa, al contrario, dovrebbe essere la ricerca dei modi che permettano all’esistente di affrontare la sua esistenza reale. Dunque, due approcci inconciliabili: le soluzioni filosofiche tradizionali che tentano di imporre all’uomo, privato del ricorso alla libertà, le leggi della cosiddetta «realtà oggettiva», e quelle che, invece, sono indispensabili per la sua ricerca di una libertà autentica. Questa libertà F. la denomina irrassegnazione. Essa arriva persino al punto di sfidare la volontà di Dio e le leggi dell’etica che stringono l’uomo. «Si tratta di vivere la propria ricerca fuori delle categorie del pensiero, fuori del bene e del male, fuori delle prove». Ciò perché «l’esistenza è qualcosa che sfugge, che si sottrae, qualcosa di imprevisto, di capriccioso, di arbitrario». Nel 1938 esce il Faux traité d’esthétique: una riflessione sulla natura dell’atto poetico e sul suo impatto sulla nostra vita. «La posta in palio non riguarda solo la poesia – oh! non, e neanche il solo poeta – ma ogni uomo». L’atto poetico non si riduce ad un godimento estetico, piuttosto esso penetra nel più profondo della nostra esistenza incorporandosi «in qualcosa per agire, come il radio entra in una quantità di materia». Tali convinzioni si collegano alla filosofia di F. dal momento che la realtà, in quanto vissuta e pensata simultaneamente, è un atto di partecipazione-creazione. Ne sia prova la raccolta Le Mal des fantômes (1980, 1996, 2006). F. ha cercato nuove prospettive filosofiche e poetiche fino alla fine. Arrestato il 7 marzo 1944, insieme a sua sorella Line, fu deportato ad Auscwhitz il 30 maggio 1944. Il 2 o 3 ottobre troverà la morte in una camera a gas. Proprio alla vigilia del suo arresto, aveva consegnato a J. Grenier Le Lundi existentiel et le dimanche de l’histoire.