L’insieme di apparati e di persone al quale è affidata, a diversi livelli, l’amministrazione di uno Stato o anche di enti non statali.
Sebbene si possano ritrovare elementi significativi di amministrazione burocratica in epoche remote e all’interno di svariate civiltà (antico Egitto, Impero cinese, Persia e India, Impero romano e bizantino) nella sua forma più compiuta, la b. è un prodotto del processo di formazione dello Stato, iniziato in Europa nel 16° sec. e costituisce la risposta all’esigenza del sovrano di fondare il proprio potere su un ceto di funzionari alle sue dirette dipendenze. Il termine b. fu coniato dall’economista francese Vincent de Gournay nella prima metà del 18° sec. proprio per stigmatizzare la potenza crescente dei funzionari pubblici nella vita politica e sociale, che configurava una vera e propria forma di «governo dei funzionari», fra l’altro del tutto inefficiente sul piano dell’amministrazione dello Stato. Negli usi successivi il termine ha in parte mantenuto questa originaria accezione negativa. Nello stesso tempo, tuttavia, la nozione di b. è diventata una categoria cruciale delle scienze storiche, politiche e sociali.
Secondo una delle teorie più autorevoli della b., elaborata da M. Weber nei primi decenni del Novecento e tuttora sostanzialmente insuperata, gli apparati della b. si distinguono dalle tradizionali forme di amministrazione del passato perché si fondano, almeno in linea di principio, su una rigorosa divisione del lavoro, sul sapere e sulle competenze, su gerarchie regolate dal merito e da precisi meccanismi di carriera e, ancora, su un complesso di norme scritte che tendono a vincolare il funzionario a una condotta tipicamente impersonale e formalistica. Poiché lo sviluppo e la diffusione della b. avevano riguardato non soltanto la sfera dell’amministrazione dello Stato, ma più in generale tutte le forme pubbliche e private di organizzazione amministrativa (partiti, sindacati, aziende ecc.), Weber parlò di processo irreversibile di burocratizzazione universale, che tendeva a imprigionare gli uomini in una rete di regole minuziose e a sottometterli alla potenza anonima, irresponsabile e ogni giorno più necessaria degli apparati burocratici. Ciò costituiva, a suo giudizio, un enorme pericolo per il futuro della libertà e della democrazia nel mondo contemporaneo: un pericolo che si sarebbe ulteriormente acuito con l’eventuale trionfo del socialismo, veicolo di una burocratizzazione integrale della politica, della società e della stessa economia.
Nel Novecento di fatto il processo di burocratizzazione ha conosciuto una straordinaria espansione, sia nei paesi socialisti fondati sull’economia pianificata e dunque sull’unificazione tra b. pubbliche e private in una b. unica, sia nei paesi capitalistici, per effetto innanzitutto delle politiche di welfare, che implicano un crescente intervento dello Stato nella vita quotidiana dei cittadini. A fronte di ciò sono in atto processi di ‘deburocratizzazione’ delle amministrazioni pubbliche e private, che rispondono alle esigenze di una società in continua trasformazione, che rende rapidamente obsolete le competenze e le specializzazioni della b. e si mostra sempre più insofferente ai vincoli posti dalle sue regole e dalle sue procedure.