Regione tra il Mar Nero e il Mare d’Azov a O e il Mar Caspio a E (465.000 m2): costituisce un ampio istmo mediante il quale l’Europa è congiunta all’Asia. Tagliata in due dal sistema montuoso del Caucaso, termina a S ai margini dell’acrocoro armeno e a N sul corso dei due fiumi Manyč e sul corso inferiore del Kuma. Comprende tre regioni: la Ciscaucasia (➔), o C. Settentrionale, costituita da bassure steppose; la Transcaucasia (➔), cioè la regione depressa meridionale; e in mezzo a esse il Caucaso (➔). La densità della popolazione varia da regione a regione, ma in genere è più bassa a O, dove le risorse si limitano a un’agricoltura estensiva e specialmente all’allevamento. Nel Daghestan il territorio è più intensamente coltivato e si hanno fino a 50 ab. per km2. Ma la risorsa di gran lunga più notevole della regione è il petrolio, contenuto in grande quantità nei sedimenti terziari, sia a N sia a S della catena, e specialmente nella Penisola di Apšeron. Meno sfruttate sono le altre risorse minerarie (manganese, rame, alluminio, piombo, zolfo). Politicamente la Ciscaucasia rientra per intero nella Federazione russa; la Transcaucasia è ripartita fra le repubbliche azerbaigiana, georgiana e armena.
Nota fin dal 7° sec. a.C. per la colonizzazione dei Milesi, in età antica la regione si presentava divisa in più entità geopolitiche. Al tempo dei Romani la zona meridionale fu assorbita nell’Impero, il resto fu dominio dei Parti, poi dei Sasanidi. La Transcaucasia vide fiorire, sin dal 4° sec., il cristianesimo, che si radicò in Georgia e in Armenia: la prima accolse la dottrina ortodossa, la seconda quella monofisita. L’Armenia fu poi assoggettata dai Bizantini, la Georgia dai Sassanidi. Nel 7° sec. la C. del Sud subì l’invasione araba e godette di un lungo periodo di prosperità per lo sviluppo del commercio. Nel 13° sec. la rinascita politica e culturale della Georgia fu interrotta dall’invasione mongola (1240). Frantumatosi poi l’Impero tataro, tutta la regione fu suddivisa tra i regni mongolici dell’Orda d’Oro e di Persia e venne ricostituita in unità politico-territoriale solo nel 15° secolo. Nel 16° sec. la Transcaucasia settentrionale passò ai Persiani (1538), quella occidentale ai Turchi, mentre nel Caucaso settentrionale si affermava la Russia zarista (1554). La penetrazione russa nell’interno ebbe inizio nel 18° sec. e fu seguita dalla guerra contro i Turchi (1806-12) e i Persiani (1805-13), che vide i Russi vincitori. Nelle montagne, invece, si affermò la resistenza delle popolazioni caucasiche, animata e sorretta dal movimento religioso-nazionale del miuridismo; solo dopo una lotta di più decenni, gli eserciti zaristi poterono vincerla definitivamente (1864). L’intera regione formò, fino alla caduta dello zarismo, un’unica unità amministrativa sotto l’autorità di un solo governatore. La Repubblica Federata Socialista Sovietica di Transcaucasia entrò a far parte dell’URSS nel 1922; nel 1936 fu sciolta e sostituita dalle tre repubbliche di Azerbaigian, Armenia e Georgia.
Le popolazioni della C., sotto l’aspetto linguistico ed etnico, si possono raccogliere in 3 gruppi: a) i Caucasici propriamente detti, che parlano le lingue caucasiche; b) i popoli immigrati prima della conquista russa, che parlano lingue in parte indoeuropee, in parte uralo-altaiche; c) gli elementi penetrati con la colonizzazione moderna (soprattutto Russi, ma anche colonie di Greci, Tedeschi ecc.). Il secondo gruppo comprende popoli giunti in vari tempi e da provenienze diverse: agli Indoeuropei appartengono gli Armeni sulle pendici sud-occidentali della C., i Curdi, numerosi specie nel distretto turco di Kars, i Tati e i Talisci sul Caspio. Ma i più antichi coloni indoeuropei della regione sono gli Osseti, stanziati sin dal Medioevo sulla parte centrale della catena. Delle tribù turco-tatare, anch’esse di antico stanziamento, i Karačai (o Karačaevcy) e i Tauli sono penetrati nelle montagne, mentre Turcomanni, Turchi e Tatari popolano le pianure del basso Kura. Nelle steppe costiere del Caspio vivono nomadi altre due tribù turco-tatare, i Cumucchi e i Nogai.
Le lingue caucasiche non sono né indoeuropee, né turche, né semitiche. Si distinguono tre gruppi, basati su criteri prevalentemente geografici.
a) Gruppo meridionale (chiamato anche, con nome indigeno, cartvelico). È il più omogeneo e si compone di quattro lingue: il georgiano o grusino, lingua nazionale della Georgia e unico idioma caucasico che vanti un’antica letteratura, il mingrelio parlato nella Mingrelia; il lasico nel Lasistan; il suano (o svano) nella regione montuosa Svanezia. Le lingue cartveliche sono più semplici delle caucasiche settentrionali; ignorano i cosiddetti elementi di classe o di mozione e il genere grammaticale, hanno però una grande ricchezza di prefissi che permettono numerosissime formazioni. Il sistema verbale è complesso. Il sistema di numerazione è il vigesimale.
b) Gruppo nord-occidentale. Comprende: l’abcaso (o abcasico) parlato nell’Abhazija; l’ubico parlato ormai da pochi individui trasmigrati in Anatolia; il circasso parlato un tempo in tutta la steppa a S del Kuban′. Nelle tre lingue di questo gruppo è caratteristica la tendenza all’agglutinazione e la fusione in una sola di parecchie forme. Vi sono classi distinte da prefissi.
c) Gruppo nord-orientale. Si suddivide in due sottogruppi. Il sottogruppo ceceno comprende: il ceceno propriamente detto; l’inguš (o inguscio) parlato nel distretto di Kosta-Chetagurovo; il bats nel distretto di Telavi in Georgia; queste tre lingue hanno una divisione di classi contraddistinte da prefissi che variano nei due numeri; il verbo ha una grande ricchezza di forme. Il sottogruppo lesgo (o daghestanico), comprendente una ventina di lingue e dialetti parlati nella Repubblica del Daghestan, fra cui: l’avaro parlato nel distretto Gunib e nella parte settentrionale del distretto di Zakataly; i dialetti dargua (o dargva) nel Nord-Ovest del Daghestan; il lak nel Daghestan centrale; i dialetti kurini. Le lingue caucasiche nord-orientali si distinguono per la grande varietà della declinazione, che in alcune lingue raggiunge i 50 casi, per la ricchezza della coniugazione verbale e per la infinita possibilità di formazioni periferiche. Fra le caratteristiche comuni: nella fonetica la povertà del vocalismo che si contrappone alla complessità del consonantismo; nella flessione il soggetto attivo e operante è espresso per mezzo di uno speciale caso, detto ergativo.