In economia industriale, si dicono c. tra imprese (o semplicemente c.) le intese che imprese concorrenti, di uno o più paesi, stipulano per conservare o accrescere il loro potere di mercato, vincolando più o meno ampiamente e durevolmente la propria attività. Gli accordi che mirano ad accaparrare una materia prima o un prodotto per farne salire il prezzo ( incetta o corner), sono detti c. (o sindacati) commerciali (rings). Se le imprese dello stesso ramo di produzione s’impegnano, senza rinunciare all’individualità economica e giuridica, a rispettare particolari condizioni di prezzo o spartizione dei mercati, si ha un cartello (➔) o consorzio. Si ha un pool, se le imprese consorziate creano un organo comune incaricato di provvedere ai rapporti con il mercato (rifornimento di materie prime e collocamento del prodotto), per assicurare meglio l’osservanza dei patti. In entrambi i casi vi è una sostanziale modificazione del regime di libera concorrenza. Queste forme di c. tendono a impedire la discesa dei prezzi sul mercato e possono riuscirvi, nonostante la concorrenza delle imprese escluse, che non aderiscono all’accordo (outsiders). Le imprese in c. mirano a salvaguardare i profitti agendo sul prezzo, anziché sull’innovazione o sui costi di produzione e quindi portano perdite di benessere alla collettività, perché si traducono in rigidità dei prezzi e blocco alla concorrenza. Le c. configurano fenomeni di collusione esplicita tra le imprese e sono generalmente sanzionate dalla legislazione antitrust (➔), nei paesi dove questa è in vigore.
Le società finanziarie e i gruppi (detti spesso, meno propriamente, trusts) si costituiscono per aumentare i profitti, riducendo i rischi mediante intrecci finanziari, o abbassando i costi con l’integrazione tecnica e amministrativa delle imprese coalizzate. Nei gruppi le imprese perdono la piena autonomia economica, conservando però un’individualità giuridica, a differenza di quel che avviene nelle fusioni. L’integrazione orizzontale (tra imprese simili) o verticale (tra imprese che producono beni complementari, a monte e a valle, in una filiera produttiva) permette di ottenere i vantaggi di carattere tecnico ed economico connessi alla grande dimensione. I complessi economici che ne risultano possono godere di un potere di mercato di natura monopolistica, lucrando profitti di monopolio (➔). Peraltro, l’aumento della dimensione media delle unità produttive, gli investimenti in ricerca e sviluppo, la concorrenza sui mercati internazionali tra grandi imprese in condizioni di oligopolio differenziato, impongono in molti settori di sfruttare le sinergie tra le imprese attraverso accordi di varia natura (integrazione orizzontale e verticale, cooperazione tecnica o commerciale, contratti di subfornitura, progetti comuni di ricerca e sviluppo ecc.), che non sono sanzionati se non determinano distorsione del mercato e impedimento alla concorrenza.
Il concetto di c. è fondamentale nella teoria dei giochi (➔ gioco) per indicare, in modo generale e astratto, ogni insieme di giocatori che possono guadagnare un payoff collettivo, stabilendo regole vincolanti di comportamento nel gioco e regole distributive all’interno del gruppo. La teoria dei giochi cooperativi studia i giochi, dove è ammessa la formazione di c. di giocatori. Le teorie della contrattazione e della formazione di c. formano un settore importante della teoria dei giochi, con applicazioni alle situazioni di mercato, alla politica economica, alle relazioni internazionali e ad altri ambiti delle scienze sociali.