Una delle tre forme di azione civile di cognizione. Essa è finalizzata a ottenere dal giudice non solo l’accertamento dell’esistenza del diritto soggettivo che l’attore afferma essere stato violato, ma anche l’accertamento dell’inadempimento di questo stesso diritto da parte dell’obbligato, e la sua condanna alla reintegrazione (in forma specifica o per equivalente) del diritto violato. La sentenza di condanna costituisce il presupposto per la successiva attuazione coattiva del diritto in sede di esecuzione forzata, ossia costituisce titolo esecutivo. Essa rappresenta inoltre il titolo idoneo per iscrivere ipoteca giudiziale sui beni del debitore (art. 2818 c.c.) e una volta passata in giudicato determina un allungamento dei termini di prescrizione del diritto alla prestazione per cui è stata pronunciata, se questo era soggetto a prescrizione breve (art. 2953 c.c.).
Accanto alla condanna ordinaria vengono individuate ipotesi di condanne speciali. Quando è «già accertata la sussistenza di un diritto», ma «ancora controversa la quantità della prestazione dovuta» (art. 278 c.p.c.), il giudice può pronunciare sentenza non definitiva di condanna generica alla prestazione (eventualmente accompagnata da una provvisionale). In caso l’attività difensiva del convenuto si fondi su eccezioni di non pronta risoluzione, il giudice può emettere una condanna con riserva delle eccezioni, vale a dire un provvedimento provvisorio che non tiene conto di tali eccezioni, il cui esame è riservato al prosieguo del processo. Il legislatore ha inoltre previsto, in talune ipotesi, la condanna in futuro, ovvero la possibilità di avere dal giudice la pronuncia di un provvedimento di condanna in anticipo rispetto al verificarsi della violazione, che diventa efficace in caso tale evento si verifichi (per es., art. 657 e 664 c.p.c.).
Accertamento. Diritto processuale civile
Azione. Diritto processuale civile