Diritto di agire in giudizio per ottenere la tutela giurisdizionale, che l’art. 24, co. 1, Cost. garantisce a tutti, sulla base della mera affermazione che un proprio diritto è stato violato. L’azione viene individuata, perciò, nel potere processuale – distinto dal tutelando diritto soggettivo sostanziale – di ottenere la pronuncia di un provvedimento giurisdizionale di tutela nel merito del diritto soggettivo che colui che esercita l’azione (attore) afferma violato.
Perché l’esercizio dell’azione porti alla pronuncia nel merito da parte del giudice debbono concorrere determinati requisiti di natura processuale (presupposti processuali) e sostanziale (condizioni dell’azione). I presupposti processuali sono: a) la formulazione di una domanda giudiziale; b) la sussistenza del potere giurisdizionale in capo all’organo al quale la domanda è rivolta; c) la sussistenza della competenza del giudice investito della domanda. Le condizioni dell’azione si sostanziano: a) nella possibilità giuridica, ossia nella possibilità che la posizione soggettiva fatta valere in giudizio trovi tutela all’interno dell’ordinamento sostanziale; b) nell'interesse ad agire, ovvero nel fatto che il diritto soggettivo sostanziale sia stato violato o contestato; c) nella legittimazione ad agire, cioè nell’affermata titolarità del diritto soggettivo fatto valere in giudizio (tranne le ipotesi eccezionali di cosiddetta legittimazione straordinaria ad agire, nelle quali, per volontà del legislatore, è consentito far valere in giudizio un diritto soggettivo altrui in nome proprio).
Varie sono le distinzioni che possono essere fatte con riferimento all’azione e, anzitutto, se ne distinguono 3 tipi: azione di cognizione, azione esecutiva e azione cautelare. L’azione azione di cognizione è alla base del processo di cognizione ed è diretta a ottenere la tutela del diritto soggettivo sostanziale che si afferma violato mediante l’esercizio dei poteri cognitivi del giudice e l’eliminazione dell’incertezza (con la formazione del giudicato sostanziale: art. 2909 c.c.) in ordine all’esistenza (o inesistenza) e al modo di essere del diritto soggettivo vantato dall’attore nei confronti del soggetto contro il quale l’azione viene esercitata (Convenuto). L’azione esecutiva è, invece, alla base del processo di esecuzione forzata; a differenza dell’azione di cognizione, compete soltanto al creditore munito di un titolo esecutivo (art. 474 c.p.c.) ed è finalizzata a ottenere l’effettivo soddisfacimento del diritto soggettivo risultante dal titolo esecutivo in caso di mancata collaborazione del soggetto obbligato (debitore). L’azione cautelare (Provvedimenti cautelari) è alla base del procedimento cautelare, ovvero del procedimento diretto a verificare la sussistenza dei presupposti (fumus boni iuris e periculum in mora) per pronunciare un provvedimento provvisorio e strumentale (tipico o atipico) di tutela del diritto soggettivo nel tempo necessario a ottenere la tutela cognitiva ed eventualmente ad avviare quella esecutiva.
A seconda dell’ampiezza dei poteri decisori del giudice, l’azione di cognizione può ulteriormente essere distinta in 3 diverse tipologie: azione di mero accertamento, azione di condanna e azione costitutiva.
L’azione azione di mero accertamento è diretta a ottenere dal giudice il solo accertamento dell’esistenza e del modo di essere del diritto soggettivo da altri contestato (mero accertamento positivo) o dell’inesistenza del diritto soggettivo da altri vantato (mero accertamento negativo). In questo caso, l’interesse ad agire in giudizio viene individuato o nella contestazione da parte di un terzo del diritto soggettivo di cui l’attore chiede l’accertamento positivo o nel vanto da parte del terzo di un diritto soggettivo di cui l’attore chiede l’accertamento negativo. L’azione di condanna è finalizzata, invece, a ottenere dal giudice non solo l’accertamento dell’esistenza del diritto soggettivo che l’attore afferma violato, ma anche l’accertamento dell’inadempimento di detto diritto soggettivo da parte dell’obbligato e la sua condanna alla reintegrazione (in forma specifica o per equivalente) del diritto violato. La pronuncia che l’attore ottenga all’esito dell’esercizio dell’azione di condanna costituisce presupposto per la successiva attuazione coattiva del diritto in sede di esecuzione forzata (la cosiddetta efficacia esecutiva della condanna). Accanto all’azione di condanna ordinaria vengono tradizionalmente individuate ipotesi di condanne speciali: a) la condanna generica, ovvero la possibilità che su istanza dell’attore il giudice pronunci sentenza non definitiva di condanna generica alla prestazione (eventualmente accompagnata da una provvisionale), quando «sia già accertata la sussistenza di un diritto», ma sia «ancora controversa la quantità della prestazione dovuta» (art. 278 c.p.c.); b) la condanna con riserva delle eccezioni, ossia la possibilità talvolta riconosciuta dal legislatore che il giudice, di fronte all’attività difensiva del convenuto fondata su eccezioni di non pronta risoluzione, emetta un provvedimento provvisorio di condanna senza tener conto di queste eccezioni, il cui esame è riservato al prosieguo del processo; c) la condanna in futuro, ovvero la possibilità riconosciuta dal legislatore in alcune ipotesi tipiche di avere dal giudice la pronuncia di un provvedimento di condanna in anticipo rispetto al verificarsi della violazione, che diventerà efficace solo se e quando tale evento si verificherà. L’azione costitutiva mira a ottenere dal giudice la costituzione, modificazione o estinzione di un rapporto giuridico (art. 2908 c.c.), previo accertamento dell’esistenza dei presupposti individuati dal legislatore per ottenere la produzione di un simile effetto.
Accertamento. Diritto processuale civile
Condanna. Diritto processuale civile