Nome (dall’arabo Qubṭ o Qifṭ, Qufṭ, adattamenti della voce copta che è un’alterazione del gr. Aἰγύπτιος «Egiziano») con cui sono designati gli Egiziani cristiani. I C. hanno sviluppato una loro civiltà autonoma fortemente orientata in senso religioso. Il passaggio dalla religione tradizionale a quella cristiana avvenne sotto la dominazione romana, in un contesto culturale e amministrativo di lingua greca. In seguito gli Egiziani fecero una scelta teologica autonoma nell’ambito del Cristianesimo (monofisismo) sviluppando una letteratura e forme d’arte proprie.
La Chiesa copta è la principale Chiesa cristiana d’Egitto, teologicamente caratterizzata dalla confessione monofisita, che la distingue dal cattolicesimo e dalla confessione cosiddetta ortodossa, ma la unisce alla Chiesa siro-giacobita. Trae origine dallo scisma dei monofisiti dopo il Concilio di Calcedonia (451) e da essa sono derivate la Chiesa copta di Nubia, ora scomparsa, e la Chiesa copta di Etiopia, rimasta gerarchicamente dipendente fino al 1959. Conta circa 10 milioni di fedeli, residenti soprattutto in Alto Egitto, ma anche nel Sudan, in Palestina, a Gerusalemme e in altri paesi del Vicino Oriente. La gerarchia ecclesiastica è formata dal patriarca (titolo ufficiale: papa di Alessandria e patriarca del seggio di s. Marco), residente al Cairo, da una sessantina di metropoliti e vescovi membri del Santo Sinodo, da altri vescovi con incarichi speciali o residenti fuori d’Egitto; conta ca. 1500 sacerdoti sposati e alcune centinaia di monaci, tenuti al celibato. È membro del Consiglio ecumenico delle Chiese e di altri organismi ecumenici, ha inviato osservatori al Concilio Vaticano II e avviato un dialogo dottrinale con la Chiesa cattolica (nel 1973 il suo patriarca Shenouda III ha reso visita ufficiale a Paolo VI).
Esiste anche una Chiesa copta cattolica, il patriarcato cattolico di Alessandria, eretto nel 1824, ristabilito nel 1895 e governato da un patriarca. Comprende 6 diocesi con circa 200.000 fedeli.
Ultima evoluzione dell’antica lingua autoctona egiziana, abbandonati i caratteri originari (geroglifici) o da essi derivati (ieratici e demotici), la lingua copta utilizzò l’alfabeto greco con l’aggiunta di 7 segni demotici per rendere suoni ignoti alla fonetica greca. L’adozione (dal 3° sec.) della grafia greca nei testi copti ha messo in evidenza una differenziazione dell’egiziano in dialetti non documentati in precedenza: geograficamente da N a S, boheirico, fayyumico, ossirichita, licopolitano, akhmimico, saidico (lingua letteraria di tutto l’Egitto dal 5° al 9° sec.). Caduta in disuso nel 12° sec., rimase confinata all’uso liturgico.
La letteratura copta ha prevalente carattere ecclesiastico, predilige la catechesi, l’agiografia, le omelie, le narrazioni edificanti, i temi propri della spiritualità monastica o della polemica confessionale, e si esprime in moduli figurativo-fantastici piuttosto che logici, essendo destinata alle masse contadine. Nasce nel 3° sec. con traduzioni dal greco di testi biblici (Antico e Nuovo Testamento) e gnostici (ermetici, manichei). I primi esempi di letteratura copta originale datano al secolo successivo con Pacomio, fondatore del monachesimo cenobita ed estensore di un complesso di regole monastiche che ebbero influsso in Oriente e Occidente. Massimo autore della letteratura copta fu Scenute (5° sec.), fondatore del Monastero Bianco. Fiorirono in seguito una scuola letteraria copta con individualità di rilievo (Costantino d’Assiut, Giovanni di Parallos, Giovanni di Shmun), e scuole di vario impegno e abilità che composero cicli romanzeschi attorno a personaggi storici o immaginari. Primo esponente della letteratura copto-araba fu Severo di Ashmunein (10° sec.). I manoscritti c. (8°-11° sec.) provengono dal Monastero Bianco presso Achmim; dai monasteri di s. Macario nella valle del Wādī an-Naṭrūn; di Hamuli nel Fayyūm; di s. Mercurio presso Edfu.
La produzione architettonica e artistica copta si presenta con caratteristiche proprie a partire dal 5° sec., soprattutto nei centri monastici dell’Alto e Medio Egitto, che valorizzano tradizioni e tecniche locali (come l’uso del mattone crudo) e accolgono contributi siriaci, mesopotamici e indiani, in contrapposizione alla cultura ellenistica persistente ad Alessandria. La fede monofisita e la liturgia condizionano l’architettura religiosa nell’elaborazione della pianta e nella ricca decorazione scultorea (in arenaria e in legno) e pittorica, segnata da severo rigore compositivo, accentuata stilizzazione, frontalismo e predilezione per i colori puri, caratteri costanti nel tempo e riscontrabili anche nella miniatura e nei tessuti.
Numerosi sono gli edifici pervenuti, ma spesso difficilmente databili e alterati: S. Simeone presso Assuan, basilica di tipo orientale con absidi incorporate; chiese del Convento Bianco e del Convento Rosso, presso Sōhāg, a pianta basilicale a tre navate divise da colonne, con presbiterio triconco a doppio ordine di nicchie e di colonne; chiese dei monasteri di Bāwīṭ (5°-7° sec.) e di S. Geremia a Saqqāra (ca. 8° sec.); le semplici cappelle funerarie a pianta quadrata o rettangolare di el-Bagawāt, nell’oasi di el-Kārga, dove sono conservati circa duecento edifici minori. Sotto il dominio arabo, al vecchio tipo di chiesa a presbiterio triconco si aggiunse una cupola nell’abside centrale (chiesa a tre navate di Dēr es-Suryān nella valle an-Naṭrūn). Le chiese a cupola di tal genere rimasero invariate sino a epoche recenti.
I primi esempi di pittura copta si trovano in alcuni manoscritti del 5° sec. (per es. Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. Borgia 25); si ricordano anche gli affreschi di el-Bagawāt e delle cappelle di Bāwīṭ (6°-7° sec.), di Abū Girgis, di Athribis, della chiesa di Esna, di Dēr Abū Hennes. Nel Museo Copto del Cairo sono gli affreschi provenienti da Faras (11° sec.). Nei citati conventi presso Sōhāg si conservano affreschi del 12° secolo.
Nelle arti applicate, di particolare interesse sono le stoffe, di lana o seta (dai cimiteri di Akhmīm e di Antinoe), abiti, tappeti, sudari ecc. Le più antiche sono stoffe ad arazzo, purpuree, con scene mitologiche; scene cristiane compaiono solo in età tarda e dipendono strettamente dall’iconografia siriaco-palestinese, con influssi persiani e asiatici. Le stoffe c. di epoca araba, sulle quali si preferì il ricamo, si adattarono alla tecnica araba, rimanendo fedeli ai vecchi tipi, ma spesso trasformati in motivi puramente decorativi.
Le origini della musica copta risalgono all’era precristiana; tale aspetto è riscontrabile soprattutto nelle influenze ebraiche ed egizie, queste ultime particolarmente evidenti nei gesti dei cantori copti che richiamano l’antica chironomia faraonica.