Denominazione con cui, dall’età medievale in poi, si indica la grande compilazione giustinianea del diritto romano, opera di capitale importanza per la scienza giuridica di ogni tempo. Esso oggi si presenta composto da 4 parti: il Digesto, il Codice, le Istituzioni e le Novelle.
L’imperatore Giustiniano (527-65 d.C.) inserì, nel suo programma di restaurazione della grandezza romana in tutti i possibili ambiti, anche il progetto di un generale recupero della tradizione legislativa e giurisprudenziale precedente, finalizzato a un pieno riordino sia della prassi giudiziaria sia dello studio universitario del diritto. Già nel 529 venne alla luce la prima edizione del Codex, con il quale tutta la massa delle costituzioni imperiali del passato (leges), compresa in parte nei codici Gregoriano Ermogeniano e Teodosiano, veniva ricondotta, mediante un’opera sapiente di selezione e di intervento, a una unità coerente, utile per i tempi nuovi. Ai lavori partecipò – pur non ancora in qualità di presidente della commissione all’uopo istituita dall’imperatore – un personaggio importante, Triboniano, che poi, nella sua qualità di Quaestor sacri Palatii (ministro della Giustizia), oltre che di giurista colto e di organizzatore abilissimo, si sarebbe segnalato come il vero animatore dell’intera imponente impresa compilatoria. A lui venne infatti affidata, alla fine del 530, la guida della commissione incaricata di compilare i Digesta, ossia di compiere un’opera ulteriore di selezione e armonizzazione, avente a oggetto l’enorme produzione giurisprudenziale classica (iura). I commissari avrebbero cioè dovuto leggere gran parte della letteratura scritta dai giuristi del 1°, 2° e 3° sec. d.C., estrarne i passi più significativi e riassumerli in un testo unico e coerente, il quale, munito di forza di legge, si sarebbe dovuto imporre alla prassi per la risoluzione di qualsiasi controversia.
L’obiettivo fu raggiunto con sorprendente rapidità, tanto che già alla fine del 533 Giustiniano poteva ufficialmente pubblicare il Digesto (detto anche Pandectae): diviso in 50 libri, a loro volta ripartiti in titoli e frammenti, esso contiene passaggi tratti dalle più varie opere della giurisprudenza classica, della quale costituisce anzi la fonte di cognizione più preziosa. Ma il successo di quell’operazione – che è peraltro tutt’oggi difficile da spiegare, senza ipotizzare l’adozione di particolari modalità di lavoro o l’uso di canovacci precedenti, secondo le diverse teorie elaborate in proposito dagli studiosi – segnava anche la perdita drammatica di tutto il materiale originale utilizzato, di cui Giustiniano ordinò la distruzione, e sul quale aveva disposto, per di più, che i commissari all’occorrenza intervenissero, apportando le modifiche necessarie ad adattarlo alle esigenze dei contemporanei (cosiddette interpolazioni). Nella ricostruzione operata nel 12° sec. a Bologna, da Irnerio e dalla sua scuola il Digesto risulta diviso in: Digestum Vetus (libri 1-24, fino al titolo 2 del libro 24), Digestum Infortiatum (dal titolo 3 del libro 24 al libro 38), Digestum Novum (libri 39-50). In questa forma fu studiato e commentato nel Medioevo e in età moderna.
Sempre alla fine del 533 giunsero a compimento, sotto la direzione dello stesso Triboniano, le Istituzioni: si trattava di un’opera elementare, destinata all’insegnamento, nella quale la materia civilistica era esposta in 4 libri, secondo la tradizionale sistematica tripartita propria delle Istituzioni di Gaio (personae, res e actiones). Ma l’imperatore, del tutto singolarmente, accordò valore di legge anche a essa, rendendo così i precetti lì esposti suscettivi di applicazione giudiziaria. La compilazione del Digesto aveva nel frattempo reso desueto il Codice, che ancora prescriveva di citare in giudizio i iura secondo i rudimentali criteri previsti dalla legge di Valentiniano III (➔ citazione), che vi era infatti ricompresa. Una nuova edizione del Codice (l’unica che oggi possediamo) fu quindi predisposta per l’anno successivo, il 534: diviso in 12 libri, e questi in titoli, sotto cui figurano le costituzioni imperiali, esso metteva fuori legge il codice precedente.
Infine entrarono a far parte della grande compilazione giustinianea le leges emanate da Giustiniano dopo il 534 (cosiddette Novelle), che per lo più regolavano materie di diritto pubblico ed ecclesiastico, raccolte e trasmesse ai posteri in tre collezioni private (Epitome Iuliani, Authenticum, anonima).