D. genetica Nell’evoluzione, azione differenziante della selezione ( selezione divergente o disruptiva) determinata dalle differenti condizioni ambientali in cui vengono a trovarsi porzioni di una popolazione originaria. Si producono così variazioni delle frequenze geniche che danno luogo alla formazione delle etnie. Oltre alla selezione può agire la deriva genetica. Persistendo le condizioni di isolamento, si può arrivare alla speciazione, se insorge la barriera della sterilità tra gli individui rimasti isolati. È possibile effettuare una valutazione quantitativa della d. con l’ibridazione DNA-DNA e DNA-RNA, il confronto delle sequenze di proteine e l’analisi elettroforetica di sistemi gene-enzima.
Si dice angolo di d. (o d. fogliare), l’angolo formato dall’incontro dei piani mediani di due foglie isolate, inserite sul caule sopra nodi successivi. Si esprime in frazioni delle serie 1/2, 1/3, 2/5 ecc. o 1/3, 1/4, 2/7 ecc. di angolo giro (➔ fillotassi).
D. infrarosse Le singolarità che possono apparire alle basse frequenze, cioè per ν → 0, nella trattazione di svariati problemi di fisica. Il nome deriva dal fatto che diminuendo la frequenza della luce si passa dal visibile all’infrarosso, ma si parla di d. infrarosse per qualsiasi tipo di onda anche al di fuori dell’ottica. In maniera analoga si chiamano d. ultraviolette le singolarità alle alte frequenze, cioè per ν → ∞. Poiché frequenza ν e lunghezza d’onda λ sono connesse in generale dalla relazione ν = v/λ, dove v è la velocità di propagazione dell’onda, ne deriva che le d. infrarosse e le d. ultraviolette sono determinate rispettivamente dal comportamento della teoria per λ → ∞ e per λ → 0. In generale l’esistenza di tali d. segnala che il problema è mal posto oppure che la teoria è inadeguata nel limite di alte o basse frequenze. Per es., nella trattazione delle vibrazioni elastiche in un cristallo considerato approssimativamente come un continuo, si possono incontrare d. ultraviolette che manifestano la non validità dell’approssimazione continua per λ → 0, comprensibile in quanto lunghezze d’onda minori delle distanze tra gli atomi del reticolo non hanno senso fisico.
D. di un vettore Se u, v, w sono le componenti cartesiane di un campo vettoriale v, si dice d. di v la quantità scalare, invariante al variare del riferimento,
Si dimostra che ( teorema della d.), sotto le necessarie ipotesi di regolarità, l’integrale di div v esteso al volume V limitato da una superficie chiusa S eguaglia il flusso di v uscente attraverso S:
n essendo il versore della normale esterna a S. Ciò equivale a dire che div v è non nulla soltanto nei punti in cui è localizzata una sorgente del campo vettoriale di cui v è il vettore; il nome dato a tale operatore vettoriale deriva dal fatto che le linee di flusso del campo escono, cioè divergono, da punti siffatti. Campi vettoriali privi di sorgenti localizzate, tali cioè che in ogni punto di essi sia nulla la d. del vettore del campo, si dicono solenoidali.
Deflusso orizzontale di aria in tutte le direzioni, dal centro di una zona di alta pressione verso zone di pressione minore.