Dà luogo a impresa pubblica l’attività svolta da un ente pubblico in regime di concorrenza, effettiva o potenziale, qualora sia rivolta al perseguimento di uno scopo di lucro e non costituisca diretta e immediata realizzazione di un fine pubblico.
Si applicano anche allo Stato e agli altri enti pubblici, quando svolgono un’attività economica, lo statuto generale dell’imprenditore e, se l’imprenditore ha per oggetto un’attività commerciale, lo statuto speciale conseguente. Tuttavia, in caso di insolvenza, operano la procedura della liquidazione coatta amministrativa e le altre previste in leggi speciali. Il fenomeno ha assunto dimensioni rilevanti in età repubblicana. L’art. 41, co. 3, della Costituzione fornisce la base costituzionale all’impiego da parte del pubblico potere dei tipici strumenti giuridici dell’attività economica: l’impresa e la società. Ne consegue che l’impresa pubblica si riconduce alla categoria economica delle aziende di produzione, venendo meno l’attributo di imprenditorialità quando essa si limiti a erogare beni e servizi per il soddisfacimento diretto di finalità di natura pubblicistica. I modelli di azione, che si sono anche succeduti nel tempo, sono diversi.
Sono impresa-organo (v. Organo. Diritto amministrativo) le articolazioni dello Stato o di altro ente pubblico che esercitano, in via secondaria e accessoria rispetto ai fini istituzionali, attività imprenditoriale. Si definiscono enti pubblici economici quelli che esercitano, in via esclusiva o principale, un’attività d’impresa. Se l’estensione del regime privatistico proprio dello statuto d’impresa privata è la regola per l’ente pubblico economico, si deve sottolineare come per altro verso la sua organizzazione non possa comunque non risentire della sua intima natura pubblica, il che vale ad assoggettarlo, almeno parzialmente, alla disciplina pubblicistica. E ciò rende ragione del potere statuale nella nomina (o revoca) dei titolari degli uffici di vertice dell’ente pubblico economico, così come dei poteri di direttiva o di approvazione di atti particolarmente rilevanti nella vita dell’ente (come i bilanci o i programmi di attività). Sicché può dirsi che il rapporto tra lo Stato e i singoli enti economici rimane un rapporto di tipo pubblicistico, che si esprime attraverso interventi o provvedimenti rientranti nell’ambito di una attività amministrativa in senso stretto.
Per società a partecipazione pubblica si intendono le società che svolgono attività d’impresa attraverso strutture di diritto privato (in particolare, s.p.a.). Il sistema delle partecipazioni statali e più in generale delle imprese pubbliche è profondamente mutato negli anni, seguendo un percorso analogo a quello di molte imprese pubbliche in Europa, anche e soprattutto in relazione ai limiti imposti dalla normativa europea. All’attività imprenditoriale dello Stato svolta attraverso gli enti pubblici economici si è infatti venuto a sostituire il sempre più diffuso fenomeno delle c.d. privatizzazioni.
Il processo di privatizzazione, iniziato negli anni 1990 e motivato da esigenze di bilancio dello Stato, ha comportato la trasformazione delle imprese pubbliche in s.p.a., dapprima permettendo a queste ultime di conservare una partecipazione statale (cosiddetta privatizzazione formale), poi, avviandone in molti casi la progressiva dismissione (cosiddetta privatizzazione sostanziale).
Le imprese a partecipazione pubblica – statale o di enti territoriali – hanno prevalentemente la forma di società per azioni. Se la maggioranza del capitale è in mano pubblica, si applicano i controlli della Corte dei conti (Corte cost. n. 466/1993); se è in mani private, l’impresa è sostanzialmente al di fuori dell’a. pubblica. Può permanere in taluni casi l’esercizio della cosiddetta ‘golden share’, che consente all’azionista pubblico di porre il veto ad acquisizioni di pacchetti azionari.
Interventi pubblici nell’economia