Sigla di Imposta sul valore aggiunto, imposta indiretta sul consumo, introdotta nell’ordinamento interno con d.p.r. 633/1972 in recepimento di direttive europee: queste ultime hanno obbligato gli Stati membri all’adozione di un’imposta con la struttura dell’IVA, necessaria, dopo l’abolizione delle frontiere doganali, alla realizzazione della libera circolazione di beni e servizi nel territorio comunitario. L’IVA ha, infatti, la struttura di un’imposta plurifase non cumulativa in quanto, pur essendo applicata su ogni operazione economica, è destinata a restare neutrale in ogni fase di produzione o di scambio anteriore al consumo, e a incidere soltanto il passaggio della catena produttivo-distributiva in cui avviene il consumo del bene o del servizio. Tale effetto si ottiene con la previsione normativa congiunta di due istituti: la rivalsa e la detrazione. Con l’obbligo rivalsa si impone a ogni soggetto economico di addebitare, attraverso la fattura, un’imposta proporzionale al corrispettivo nel momento in cui cede un bene o presta un servizio; con la detrazione si riconosce al medesimo la facoltà di versare all’erario soltanto la differenza fra quanto acquisito e quanto assolto a titolo IVA sugli acquisiti di beni o di servizi inerenti alla propria attività economica. Nell’IVA si distinguono, infatti, i contribuenti di diritto dai contribuenti di fatto: i primi sono gli operatori economici che assolvono l’imposta nell’esercizio dell’attività economica, ma non sono colpiti dalla stessa, i secondi (nella maggior parte dei casi i consumatori), che non versano l’imposta all’erario, ma sono destinati a essere incisi dal tributo nel momento in cui acquistano un bene o richiedono un servizio per il consumo.
L’IVA è considerata un’imposta europea per varie ragioni, quali: la sua introduzione per finalità comunitarie, la costante disciplina europea di cui è destinataria, il ruolo della Corte di giustizia per l’interpretazione delle questioni che attengono alla normativa IVA, la destinazione di una parte del gettito a scopi comunitari. I presupposti dell’IVA sono: le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese, arti e professioni; le importazioni da chiunque effettuate; gli acquisti intracomunitari di beni effettuati tra operatori IVA, residenti in differenti paesi UE. In particolare, quest’ultimo presupposto è stato introdotto con d.l. 331/1993, nel momento in cui si sono abolite le frontiere doganali, al fine di disciplinare le cessioni di beni fra Stati diversi all’interno del territorio comunitario. I soggetti IVA sono, in linea generale, gli imprenditori, gli artisti, i professionisti, nonché le società e gli enti commerciali. Tali soggetti sono obbligati, nel momento in cui iniziano un’attività economica, a compiere determinate formalità (apertura della partita IVA, acquisto dei registri ecc.), al fine di garantite l’applicazione e la circolazione dell’IVA. Gli obblighi dei soggetti IVA per la determinazione concreta dell’imposta consistono, invece, in: fatturazione, registrazione, liquidazioni, versamenti, dichiarazione annuale.
L’IVA è un’imposta proporzionale sul corrispettivo del bene o del servizio, che deve essere applicata nel momento di effettuazione delle operazioni, come disciplinato dall’art. 6 del d.p.r. 633/1972. Nell’ambito della disciplina IVA si distinguono operazioni imponibili (d.p.r. 633/1972, art. 1), non imponibili (art. 8, 8 bis e 9) ed esenti (art. 10). Le operazioni imponibili coincidono con i presupposti prima analizzati. Le operazioni non imponibili ed esenti, tassativamente individuate dalla normativa, impongono il rispetto della normativa IVA e degli obblighi formali prima identificati, pur non essendo operazioni tecnicamente assoggettate a imposta.