La libertà di associazione è espressamente prevista e disciplinata all’art. 18 Cost. Essa rientra, insieme alla libertà di riunione (art. 17 Cost.), tra le c.d. libertà collettive, cioè tra quelle libertà che presuppongono una pluralità di soggetti, accomunati da un unico fine, il cui esercizio non si esaurisce nella difesa di una sfera di autonomia individuale, ma è volto alla realizzazione di quelle finalità.
La libertà di associazione non era direttamente prevista nello Statuto albertino, ma la dottrina la deduceva dalla libertà di riunione (art. 32). Libertà di associazione e libertà di riunione si distinguono tra loro perché, mentre la seconda è caratterizzata dalla materiale compresenza di più persone in un determinato luogo, la libertà di associazione prescinde da questa, essendo rilevante, invece, il vincolo giuridico esistente tra gli associati. Ulteriori specificazioni costituzionali della libertà di associazione sono, in particolare, la libertà di associazione in confessioni religiose (artt. 7, 8 e 20 Cost.), quella di associazione in sindacati (art. 39 Cost.), quella di associazione in partiti politici (art. 49 e XII disp. trans. fin. Cost.; Partito politico): in questo senso, quindi, la libertà di associazione costituisce uno degli aspetti fondamentali del pluralismo sociale ed è, a sua volta, una specificazione di quella tutela generale, riconosciuta all’art. 2 Cost., al singolo ed alle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
L’art. 18, co. 1, Cost. non riprende la distinzione contenuta nel codice civile tra associazioni riconosciute e non riconosciute e garantisce ad ogni cittadino (rectius persona) il diritto di associarsi liberamente «per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale», senza bisogno di un’autorizzazione preventiva: in sostanza, tutto ciò che è penalmente lecito al cittadino uti singulus, gli è ugualmente lecito uti socius. La libertà di associazione contiene un profilo positivo (la libertà di costituire un’associazione o di aderirvi) ed uno negativo (la libertà di non associarsi o di recedere da un’associazione). Una deroga a questi principi è costituita dalle associazioni coattive, che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, sono giustificate solo quando lo esiga un interesse pubblico. La libertà di associazione in generale comporta poi la libertà dell’associazione di organizzarsi come meglio crede, mentre un riferimento alla struttura interna «a base democratica» e al «metodo democratico» sussiste ex artt. 39 e 49 Cost., nel caso rispettivamente dei sindacati e dei partiti politici.
I limiti della libertà di associazione. - Un limite generale alla libertà di associazione è poi costituito dal divieto delle associazioni segrete e delle associazioni che, anche indirettamente, perseguano scopi politici attraverso un’organizzazione di tipo militare (art. 18, co. 2, Cost.). Con riferimento a queste ultime, è stata data pronta attuazione al testo costituzionale (d.lgs. n. 43/1948), mentre maggiori problemi sono sorti con riferimento al divieto di associazioni segrete, in quanto la disciplina legislativa di riferimento è stata adottata solo con la l. n. 17/1982. In particolare, la dottrina si è interrogata se tutte le associazioni che tendevano a non rendere pubblici gli elenchi dei loro aderenti rientrassero nel divieto ex art. 18, co. 2, Cost., ma è prevalsa una concezione restrittiva della nozione di segretezza, nel senso che si è ritenuto che rientrassero in esso solo le associazioni che perseguono scopi politici.
Secondo la l. n. 17/1982, le associazioni segrete vietate ex art. 18, co. 2, Cost. sono sciolte con d.P.C.m., previa deliberazione del Consiglio dei ministri, quando l’autorità giudiziaria ne accerti la segretezza con sentenza passata in giudicato. Un ulteriore limite alla libertà di associazione è rappresentato dal divieto di ricostituzione del disciolto partito fascista, disposto alla XII disp. trans. fin. Cost. e disciplinato con la l. n. 645/1952 (Partito politico).