Filosofo tedesco (Landshut 1804 - Rechenberg, Norimberga, 1872). Tra i più influenti critici della religione, elaborò una filosofia umanistica, di ispirazione materialistica, che influì sul giovane K. Marx.
La sua attività filosofica è stata divisa vide in tre periodi: quello hegeliano (1828-1838); quello umanistico (fino al 1845) e quello naturalistico (1845-1866). Ha scritto Gedanken über Tod und Unsterblichkeit (1830), Zur Kritik der Hegelschen Philosophie (1839), Das Wesen des Christentums (1841), Vorlesungen über das Wesen der Religion (1851), Theogonie (1857).
Figlio di Paul Johann Anselm, studiò teologia a Heidelberg (1823) dove insegnavano K. Daub e H. E. G. Paulus; passò nel 1824 a Berlino, dove seguì assiduamente i corsi di Hegel, alla cui filosofia aderì pienamente. Terminò gli studi a Erlangen, e vi ottenne il dottorato e la libera docenza (1828). La pubblicazione dei Gedanken über Tod und Unsterblichkeit (1830), pubblicati anonimi, ma subito attribuitigli, gli alienò ogni simpatia nel mondo accademico a causa della sostanziale professione di ateismo che vi si faceva. F. visse così lontano dall'università e appartato, tranne una breve parentesi nel 1848-49, quando, su invito degli studenti di Heidelberg e non senza rapporto col momento politico, tenne in quella città un corso pubblico, successivamente stampato, le Vorlesungen über das Wesen der Religion (1851), da non confondere con Das Wesen der Religion che è del 1845 (ma pubblicato nel 1846). L'attività filosofica di F. può dividersi in tre periodi: 1) periodo hegeliano, dalla dissertazione (1828) al 1838; 2) periodo umanistico, fino al 1845; 3) periodo naturalistico dal 1845 fino alla pubblicazione degli ultimi scritti (1866). Il primo periodo comprende, oltre i Gedanken già ricordati, anche opere storiche, come una Geschichte der neuen Philosophie von Bacon bis Spinoza (1833) e uno studio su Pierre Bayle (1838). La tesi dei Gedanken è che non può parlarsi d'immortalità individuale, ma piuttosto d'immortalità del genere, ossia dell'umanità in cui i singoli sono e si muovono, e che si rinnova in una ritornante giovinezza; F. parla anche di spirito autocosciente, come fondamento e principio delle coscienze singole. Queste note fichtiane più che hegeliane anticipano la concezione umanistica che viene sviluppata nella seconda fase della filosofia feuerbachiana. In questa possiamo distinguere tre aspetti: la critica della filosofia hegeliana e, in genere, della filosofia speculativa; la critica della religione, in particolare del cristianesimo; la generale concezione umanistica. La critica della filosofia hegeliana, a cui F. dedica uno scritto apposito, Zur Kritik der Hegelschen Philosophie (1839), si fonda sulla interpretazione di questa filosofia come pura astratta logicità, tale cioè che pensa il mondo in base a categorie astratte, alle quali attribuisce un falso movimento. Il mondo viene così rovesciato a tutto svantaggio dei suoi aspetti più genuinamente empirici, come il sentire, la corporeità, la passione, che divengono manifestazioni accidentali di un pensiero in cui risiede la realtà vera. Qualcosa di simile F. vede nella religione, in cui l'uomo trasferisce a un essere immaginario i suoi attributi. Se compiamo il cammino inverso rispetto a quello della filosofia speculativa e della religione, troviamo al posto dello spirito assoluto o di Dio l'uomo dell'esperienza quotidiana. L'umanismo feuerbachiano si presenta così come una rivendicazione del senso quale fonte di certezze autentiche, e dell'amore, dell'imprescindibile rapporto dell'io e del tu, che fa dell'uomo di F. un ente comunitario o generico, ossia appartenente, nel senso più forte, al genere, all'umanità (il tu è il Dio dell'io). L'opera più importante di questo periodo è Das Wesen des Christentums (1841), dove è svolta la critica della religione. F. si può considerare, con riferimento a questa fase del suo pensiero, il pensatore più importante della sinistra hegeliana. Marx ed Engels furono - come essi stessi riconoscono - largamente influenzati dalle sue opere di questo periodo. L'ultima fase del pensiero feuerbachiano, quella naturalistica, non rappresenta un esplicito accantonamento della precedente, ma piuttosto un prevalere del concetto di natura, come del presupposto necessario per l'intendimento dell'uomo. Il sentimento di dipendenza dell'uomo dalla natura è ora considerato all'origine della religione. F. volge la sua attenzione al sostrato fisiologico dell'uomo, e sembra avvicinarsi al materialismo di J. Moleschott, della cui Physiologie der Nahrungsmittel parla con grande favore. Sono di questo periodo Das Wesen der Religion (di cui si è già detto) e la Theogonie (1857).