Termine tedesco («Europa di Mezzo» o «Centro-Europa») usato per evocare l’ambiente e la tradizione culturale dell’Impero asburgico al suo tramonto.
Impreciso sotto il profilo geografico (dai Mari del Nord e Baltico all’Adriatico e al Bacino danubiano), nell’Ottocento ebbe fortuna in geopolitica, da una parte a sostegno pretestuosamente scientifico dell’espansionismo tedesco sui Balcani e della sua proiezione imperialistica verso il Medio Oriente, e dall’altra, secondo una dimensione federale, in certa misura già presente in Metternich, in riferimento alla funzione sovranazionale attribuita all’Impero asburgico, egemone nel mondo tedesco, slavo e italiano, garanzia dell’equilibrio politico del Continente e di un progresso collegato ai valori della tradizione. Negli anni 1840, F. List propose la M. quale grande spazio economico capace di sottrarsi all’egemonia inglese. Nel 1848 la M. era presente nel disegno politico detto dei Grandi Tedeschi del cancelliere austriaco F. Schwarzenberg. Il pubblicista conservatore K. Frantz contrapponeva una M. federale, incentrata sull’Austria, alla prospettiva bismarckiana. L’austroslavismo, che sosteneva l’irrinunciabile ruolo dell’Austria a garanzia dei diritti delle nazionalità minori nel Centro-Europa contro le pressioni del germanesimo e del panslavismo russo, propose il federalismo nell’Impero; pure l’austromarxismo pensava a soluzioni federali. Un’unione federale di Germania e Austria-Ungheria fu auspicata invece da F. Naumann, nel volume Mitteleuropa (1915), quale strumento di potenza mondiale consapevole dei problemi delle nazionalità. Tra le due guerre mondiali infine, il concetto di M. si legò all’espansionismo pantedesco.
Nella sua accezione culturale M. richiama la specifica civiltà vissuta dal multinazionale mondo asburgico (dov’è essenziale la componente ebraica) poco prima e poco dopo la dissoluzione dell’Impero. La si individua nell’impercettibile vincolo che, dietro le singole nazionalità, le accomuna tutte e dà vita a una produzione che in ogni campo del pensiero e dell’arte raggiunge vertici altissimi (L. Wittgenstein, A. Loos, A. Schönberg, O. Kokoschka, R. Musil, A. Schnitzler, H. von Hofmannsthal, R.M. Rilke, F. Kafka, I. Svevo, J. Roth, I.B. Singer, E. Canetti ecc.). La cultura della M. è espressione della crisi epocale dell’Occidente, del senso di perdita d’identità dell’individuo che cerca di differire la fine e strapparle qualche momento di piacere e d’abbandono.