Unità di misura del tempo, pari alla 24ª parte del giorno, e suddivisa in 60 minuti primi. Come simbolo di o. si usa la lettera h posta a esponente (per es., 1h). Nel computo del tempo, per determinare in modo univoco ciascuna delle 24 parti uguali in cui il giorno è così diviso, si procede ordinariamente dalla mezzanotte (le o. astronomiche invece si contano da un mezzogiorno a quello successivo), designando ciascuna ora con un numero progressivo da 1 a 24; in queste determinazioni la parola o. è per lo più taciuta.
Nell’antichità, Babilonesi e Cinesi dividevano il giorno in 12 ore tra loro uguali, equivalenti ciascuna a due delle ore attuali. I Greci, e analogamente i Romani, divisero sia il giorno sia la notte in 4 parti di 3 ore l’una: la prima ora del giorno cominciava al sorgere del Sole e l’ultima terminava al tramonto. Al tramonto cominciava la prima ora di notte e al sorgere del Sole terminava l’ultima ora della notte. L’intervallo di tempo corrispondente all’ora risultava perciò diversamente lungo nelle varie stagioni dell’anno e dal giorno alla notte: rispettivamente più lungo di giorno in estate e di notte in inverno, più breve di giorno in inverno e di notte in estate. L’attuale modo di contare il tempo risale agli Egiziani e agli Asiatici occidentali.
A seconda che l’o. sia considerata come 24ª parte del giorno solare medio o del giorno solare vero, si ha rispettivamente l’ o. media e l’o. solare vera; riferendosi invece al giorno sidereo, si ha l’o. siderea (o siderale), che vale 59m 50,1704s di tempo medio. L’o. media e l’o. siderea hanno durata costante, mentre l’o. solare ha durata variabile, perché varia nel corso dell’anno la durata del giorno solare vero, vale a dire l’intervallo di tempo che separa due passaggi consecutivi del Sole vero al meridiano di uno stesso luogo.
L’o. legale (o estiva) è l’anticipazione di un’ora (eccezionalmente anche di due) sul tempo del fuso orario di un certo luogo. Proposta dall’inglese W. Willet nel 1915 allo scopo di diminuire il consumo di energia elettrica e di carbone durante il periodo bellico, è tuttora applicata, per analoghi motivi di risparmio energetico, di norma limitatamente al periodo primaverile ed estivo, allorché la durata dell’illuminazione solare è maggiore. Il periodo di o. legale inizia nell’ultima domenica di marzo e termina nell’ultima domenica di settembre o ottobre (rispettivamente per gli Stati continentali o insulari).
Per o. locale s’intende l’intervallo di tempo contato a partire dalla mezzanotte media locale, cioè dalla culminazione inferiore del Sole medio al meridiano locale. O. civile È, per una località, il tempo medio del meridiano centrale del fuso orario in cui la località si trova. O. di porto È il ritardo (detto anche stabilimento di porto) con il quale si manifesta l’onda di marea rispetto al passaggio della Luna sul meridiano del luogo. Varia da sito a sito e per una data località anche da un giorno all’altro. O. sinottica O. scelta per convenzione internazionale per l’esecuzione contemporanea in tutti gli osservatori del mondo delle osservazioni meteorologiche utili alla previsione del tempo.
Dal sistema latino di computare le o. diurne deriva l’uso, largamente seguito anche nel Medioevo, di indicare con o. prima, terza, sesta, nona (partendo dal levare del Sole) le o. corrispondenti all’incirca – nei periodi più vicini agli equinozi – alle 6, alle 9, alle 12, alle 15. L’antico sistema si riflette nella denominazione di alcune delle o. canoniche, che in origine erano le o. stabilite dalla Chiesa per la celebrazione dell’ufficio divino e col tempo passarono a indicare le varie parti dell’ufficio stesso da recitarsi in quelle ore (liturgia delle o., ridefinita dalla Costituzione liturgica del Vaticano II). O. santa Pratica di devozione al Sacro Cuore di Gesù, consistente in un’o. di preghiere e meditazioni rievocanti l’agonia di Gesù. Iniziata da s. Margherita Alacoque, fu diffusa soprattutto dalla Confraternita dell’o. santa fondata nel 1829 come forma di culto privato e pubblico.