L’intervallo di tempo che corre fra il tramontare e il sorgere del Sole; si contrappone a giorno nel significato ristretto di intervallo di tempo tra l’alba e il tramonto. La durata della n. varia con la latitudine del luogo di osservazione e, in uno stesso luogo, con la declinazione del Sole (cioè con la stagione); all’equatore dura esattamente 12 ore in ogni epoca dell’anno; agli equinozi (21 marzo e 23 settembre) dura ovunque 12 ore; a 75° di lat. la notte più lunga dura 103 giorni; a 85°, 161 giorni; a 90°, cioè ai poli, 6 mesi.
La concezione della n. presenta in numerose civiltà religiose aspetti contrastanti: da un lato è tranquilla e pacata, illuminata e allietata dalle stelle, dall’altro è oscura e misteriosa, madre del sonno e popolata di figure maligne. Il contrasto si comprende alla luce dell’esperienza arcaica della realtà, per la quale non si dà mai un fenomeno che sia ‘univoco’. Caratteristica quasi universale della posizione dell’uomo arcaico di fronte alla n. è il paventare la possibilità che essa, anziché comportarsi secondo la norma che regola il suo alternarsi con il giorno, vada oltre i suoi limiti, instaurando un regime perenne di tenebre. Il conformarsi e il sottrarsi alla norma di successione n.-giorno sono alla base delle opposte immagini che la n. presenta: nel mondo vedico Rātri (la n.) è legata a Uṣas (l’aurora) da un rapporto sororale che segnala la sua solidarietà con il giorno, fino al punto di caratterizzarla con gli stessi aspetti di luminosità che sono propri di esso; ma nello stesso tempo s’immagina la dea come carica di oscure possibilità di uscire dai propri limiti. Di fatto numerosi popoli contavano il tempo per n. e facevano cominciare il giorno con la n., di cui narravano anche l’origine: dovuta a una scomparsa del sole (che si nasconde in una caverna sotterranea, secondo un mito incaico), o alla soppressione violenta di uno o due soli (Malacca), o a un’operazione magica che avrebbe soppresso od oscurato in parte la luna. Il contrasto tra giorno e n., luce e tenebre, ha trovato la sua spiegazione nei miti dualistici che si sono perpetuati anche in alcune religioni superiori, o ha offerto a essi un facile simbolismo, così come dei terrori notturni e delle credenze a essi connesse rimangono numerose tracce nel folclore di tutti i paesi.
Nella religione greco-romana la N. è personificata nel duplice aspetto benigno e malevolo. Era rappresentata come una figura femminile, caratterizzata dal colore nero delle ali, del vestito, dei cavalli del suo cocchio. Portava in genere un velo arcuato sopra il capo. In alcune pitture vascolari il suo carro segue quello del Sole, ed essa porta sul capo una stella.
Effetto n. In cinematografia, tecnica di ripresa (detta anche n. americana) che, con l’impiego di filtri o ricorrendo ad altri accorgimenti nell’esposizione e poi nello sviluppo della pellicola, consente di filmare in piena luce dando l’impressione che la scena si svolga di notte.
In radiogoniometria, errore che si registra nei rilevamenti radiogoniometrici, specialmente al sorgere e al tramontare del sole, a causa della riflessione ionosferica delle onde elettromagnetiche.
N. dei cristalli (ted. Kristallnacht). La notte tra il 9 e il 10 novembre 1938, in cui, con il pretesto dell’uccisione del consigliere dell’ambasciata tedesca a Parigi E. von Rath da parte di un giovane ebreo, i militanti hitleriani compirono atti di violenza e vandalismo antisemiti, continuati nei giorni successivi, prendendo a bersaglio le sinagoghe, i negozi, le abitazioni e causando numerose vittime. L’episodio segnò l’avvio dello sterminio nazista degli Ebrei.
N. di San Bartolomeo La notte tra il 23 e il 24 agosto 1572, in cui furono massacrati, a Parigi e in provincia, diverse migliaia di ugonotti. La strage fu ordinata dalla regina madre Caterina de’ Medici, la quale temeva che l’influenza del capo ugonotto Gaspard de Coligny inducesse il re Carlo IX ad appoggiare la ribellione antispagnola dei Paesi Bassi, in opposizione all’indirizzo cattolico e filospagnolo della regina.