Comune della prov. di Terni (281,2 km2 con 20.955 ab. nel 2008), situato a 325 m s.l.m. su un colle tufaceo dai versanti ripidi e franosi, alla destra del fiume Paglia, in bella posizione dominante la valle del Tevere. La crisi dell’agricoltura tradizionale ha incentivato la diffusione della specializzazione agricola, soprattutto nei settori vitivinicolo e delle colture industriali. Le attività secondarie riguardano i campi della meccanica, del tessile e dell’arredamento. Nella zona si produce un pregiato vino bianco (Orvieto) da uve dei vitigni trebbiano toscano e, in minor proporzione, verdello, grechetto, drupeggio e malvasia toscana. Presso la stazione ferroviaria (a circa 4 km) sulla linea Roma-Firenze si è sviluppato il centro di O. Scalo.
Importante centro etrusco identificabile con Volsinii veteres (➔ Bolsena), decadde in epoca romana. Più volte occupata durante le invasioni barbariche, sotto i Longobardi (dal 606) ebbe suoi propri conti. Comune autonomo dal 1137, presto divenne roccaforte guelfa in Italia centrale. Al 1199 risale la nomina papale del primo podestà, il romano Pietro Parenzo; ma le lotte cittadine tra le opposte fazioni dei Monaldeschi (guelfi) e dei Filippeschi (ghibellini) continuarono durante il sec. 13°, finché il papa Martino IV fu costretto ad abbandonare la città, dove a lungo aveva risieduto la corte papale, di fronte al prorompente moto antiangioino e antifrancese (1282). Due decenni prima papa Urbano IV aveva insediato a O. la sede apostolica (1262-1264) e da qui con bolla Transiturus de hoc mundo, l'11 agosto 1264 aveva esteso alla Chiesa universale la solennità del Corpus et Sanguis Domini. Durante la discesa di Enrico VII imperatore, con la cacciata dei Filippeschi (1313), cadde la resistenza della fazione ghibellina e nobiliare. Il comune democratico che ne seguì ebbe breve vita e, nel 1334, Ermanno Monaldeschi divenne il primo signore di Orvieto. Alla sua morte (1337) le ambizioni di dominio provocarono nuove discordie fra i Monaldeschi, ora suddivisi in rami concorrenti; occupata dai Visconti (1352), nel 1354 la città fu incorporata allo Stato della Chiesa dal cardinale Albornoz. All’epoca del grande scisma fu soggetta a varie signorie esterne finché nel 1448 ritornò al papa. Dopo la parentesi napoleonica fu incorporata nella delegazione di Viterbo e, nel 1831, tornò capoluogo. Nel 1860 fu occupata dalle truppe sabaude.
Della città antica rimangono resti del circuito murario, della rete stradale, del complesso sistema idrico, di diversi edifici sacri (tempio etrusco del Belvedere ecc.). Numerose terrecotte architettoniche (lastre di rivestimento, altorilievi frontonali, antefisse ecc.) e altri materiali documentano attività tra gli inizi del 5° sec. e gli inizi del 3° sec. a.C. Nei dintorni della città erano le necropoli (8° - 3° sec. a.C.), con concentrazione massima di sepolture fra la metà del 6° sec. e la fine del 5° sec. a.C.
Il Medioevo ha caratterizzato l’aspetto di O.: badia dei SS. Severo e Martino, trasformata nel 12°-13° sec.; S. Giovenale (11° sec., restaurata nel 13°, con affreschi del 13° e 14° sec.). S. Andrea (11°-12° sec., più volte restaurata) conserva resti di una costruzione del 6° secolo. Del 12°-13° sec. sono varie case di abitazione, il Palazzo del popolo, il Palazzo vescovile e il Palazzo dei papi o Soliano (1297). Il duomo (1290-1319) è una delle più importanti costruzioni romanico-gotiche d’Italia: iniziato nel 1290 da fra Bevignate su progetto di Arnolfo di Cambio, fu continuato da L. Maitani, che progettò la facciata (suoi e di aiuti sono i bassorilievi con Storie dell’Antico e del Nuovo Testamento), completata agli inizi del Seicento. Il rosone è di A. Orcagna (1359). Le porte della facciata sono di E. Greco (1964). L’interno a tre navate, breve crociera e ampio presbiterio rettangolare con coro ligneo a tre ordini di stalli (1331-40), ospita affreschi di Ugolino di Prete Ilario, Gentile da Fabriano, Antonio da Viterbo, L. Signorelli (la fondamentale cappella di S. Brizio, con volta del Beato Angelico); altre opere importanti: reliquiario del Ss. Corporale di Ugolino di Vieri (1338); tavola di Lippo Memmi; sculture lignee di Maitani; vetrate di Giovanni di Bonino. In S. Domenico è il sepolcro del card. de Braye di Arnolfo di Cambio. Notevoli i resti della fortezza dell’Albornoz (1364, restaurata nel 15° sec.) e il pozzo detto di s. Patrizio, opera di A. da Sangallo il Giovane. Con Sangallo, M. Sanmicheli, S. Mosca e Raffaello Montelupo, tutti attivi nella fabbrica del duomo, entrarono in O. le forme rinascimentali, continuate dall’orvietano I. Scalza (1532-1617) del quale sono Palazzo comunale, Palazzo Guidoni Morichetti e Palazzo Buzi. Notevoli opere nel Museo dell’Opera del duomo, nel Museo archeologico nazionale e nel Museo C. Faina.