Sedi di istituti di ricerca dedicati a studi astronomici, prevalentemente tramite osservazioni ai telescopi ed elaborazione dei dati così ottenuti, ma anche per mezzo di ricerche teoriche. L’insieme delle installazioni è detto anche specola. Oltre ai dati di interesse astronomico, gli osservatori astronomici producono annualmente le effemeridi. Si classificano fondamentalmente in base alla quota di lavoro: osservatori terrestri, su aereo, a bordo di pallone stratosferico, su razzo e su satellite. Tra le diverse motivazioni che spingono a realizzare un osservatorio a una certa quota, vi è primariamente la selezione di lunghezze d’onda operata dall’atmosfera terrestre. Infatti, in molte bande dello spettro elettromagnetico, a differenza del visibile, l’atmosfera terrestre non è trasparente. In fig. 1 è riportata, in funzione della frequenza, la quota alla quale il 50% della radiazione proveniente da sorgenti celesti è bloccato dall’atmosfera terrestre. A parte alcune ‘finestre’ relativamente strette, si deve salire a quote di almeno qualche decina di chilometri per poter osservare le sorgenti astronomiche in assenza di disturbi atmosferici. Per tali osservazioni è necessario portare l’osservatorio al di fuori dell’atmosfera terrestre, utilizzando aerei d’alta quota (fino a circa 15 km) o veicoli spaziali. Questi ultimi possono essere palloni stratosferici (volo a circa 40 km di quota, durata del volo dell’ordine del giorno), razzi (volo breve, di qualche minuto, con quota massima dell’ordine di 1000 km), o satelliti (durata del volo maggiore dell’anno, quote superiori ai 400 km). Lo spettro elettromagnetico è stato esplorato quasi completamente grazie all’impiego di osservatori spaziali.
Gli osservatori astronomici terrestri sono nati prevalentemente per esplorare la banda visibile e solo in seguito si sono rivolti alle lunghezze d’onda radio e infrarosse. L’astronomia nel visibile ha antichissime origini, ma la prima testimonianza certa di un osservatorio è datata 632 d.C.: riguarda l’Osservatorio Chomsong-dae, a Kyongju nella Corea del Sud.
I primi osservatori astronomici furono costruiti nei pressi di luoghi di culto e solamente ai sacerdoti era permesso l’accesso. Generalmente avevano la forma di torri, e furono edificati dagli Egiziani, dai Babilonesi, dagli Arabi, dagli Indiani, dai Cinesi, dai Greci. Nell’825 fu costruito un osservatorio a Baghdad che fornì un notevole impulso alla conoscenza astronomica. Il più importante osservatorio del periodo medievale fu quello fatto costruire da Ulugh Beg a Samarcanda nel 1428. Circa 100 astronomi, utilizzando questo osservatorio, compilarono un catalogo stellare e tabelle planetarie che furono un punto di riferimento per la comunità astronomica occidentale fino al 18° secolo.
Nell’era moderna l’osservazione del cielo ha cominciato, a partire da G. Galilei nel 1610, ad avvalersi dell’uso di telescopi di dimensioni sempre più grandi, in modo da guadagnare sensibilità e potere risolutivo. Si realizzarono anche le infrastrutture necessarie all’impiego dei telescopi e nacquero così i primi veri e propri osservatori astronomici. La più antica specola europea fu costruita a Kassel dal langravio Guglielmo IV. Sorsero poi osservatori a Leida nel 1632, a Copenaghen nel 1637, a Gdansk nel 1641, a Parigi nel 1667, a Greenwich nel 1675 e a Berlino nel 1705. In Italia nel 1714 nasceva la prima e vera specola sulla torre dell’università di Bologna, cui seguirono nel 1730 quella di Pisa, e dal 1759 al 1761 quelle di Torino, Milano e Padova. Nel 19° sec. fu introdotta l’analisi spettroscopica della radiazione raccolta dal telescopio, e furono costruiti i primi strumenti da montare nel piano focale dei telescopi.
All’inizio del 20° sec. ci si rese conto che dimensioni di circa 1 m di diametro rappresentavano il limite pratico massimo per la realizzazione di telescopi rifrattori, e si iniziò a installare telescopi riflettori (introdotti da I. Newton già nel 17° sec.) di grandi dimensioni. Inoltre si iniziò a installare gli osservatori lontano dalle città, in località montane. È di quell’epoca la costruzione del telescopio Hooker da 100 pollici di Monte Wilson. Fu un notevole passo avanti nella ricerca astronomica, perché permise l’osservazione sistematica delle galassie più vicine e l’inizio della cosmologia sperimentale. Per l’osservazione di galassie più distanti erano necessari telescopi ancora più grandi, e G.E. Hale negli anni 1920 avviò il progetto e la costruzione di un telescopio da 200 pollici. Il telescopio Hale di Monte Palomar fu inaugurato alla fine degli anni 1940. Parallelamente furono sviluppati osservatori con telescopi a largo campo (tipo Schmidt, con campo utile di alcuni gradi) che permisero la realizzazione di mappe complete del cielo.
La tecnologia convenzionale (specchi in vetro metallizzati superficialmente) non permette la realizzazione di specchi di dimensioni superiori a 5 o 6 m e comunque i costi sono altissimi. L’aumento ulteriore dell’area sensibile può essere ottenuto in vari modi, sfruttando diverse tecnologie innovative: telescopi a specchi multipli, con combinazione della luce in un unico piano focale; specchi metallici relativamente sottili e controllati attivamente per mantenere la forma ottimale; specchi segmentati. Parallelamente l’evoluzione della tecnologia dei rivelatori (soprattutto l’introduzione di lastre fotografiche, prima, e di sensibilissime camere CCD, negli anni 1980) ha permesso un’autentica esplosione delle osservazioni astrofisiche.
Esistono nel mondo più di 400 osservatori astronomici, per la maggior parte installati nell’emisfero boreale; tra i più importanti osservatori ottici: in Europa quelli dell’Alta Provenza, di Amburgo-Bergedorf, di La Palma (Canarie; v. fig. 2), di Pulkovo (San Pietroburgo), Simeiz, Mosca, Byurakan, Zelenčukskaja; negli USA quelli di Lick, Kitt Peak, Harvard, Yerkes; nell’emisfero australe quelli di Siding Spring e Monte Stromlo in Australia, Radcliffe nella Repubblica Sudafricana, La Silla e Cerro Tololo in Cile. I più importanti osservatori astronomici italiani sono quelli di Arcetri (principalmente dedicato alla fisica solare), Merate e Asiago (dedicati all’astronomia ottica), Medicina (radioastronomia). Le differenze che esistono tra i diversi osservatori derivano dagli strumenti utilizzati e dal tipo di osservazioni che si intendono eseguire. Per osservazioni di tipo posizionale e ricerche di astronomia classica si utilizzano telescopi rifrattori a lunga focale, cerchi meridiani e astrolabi; per l’astrofisica del Sole si utilizzano torri solari e spettrografi ad alta risoluzione; per l’astrofisica stellare ed extragalattica si usano telescopi riflettori e camere Schmidt; per la radioastronomia si usano radiotelescopi e interferometri.
Allo scopo di evitare il disturbo atmosferico sono stati realizzati, verso la fine degli anni 1960, osservatori astronomici installati a bordo di aerei. La peculiarità di questo tipo di osservatorio consiste nell’essere una via di mezzo tra un osservatorio a terra e uno spaziale; infatti, pur operando con un minore contributo di contaminazione atmosferica, tipico di un ambiente spaziale, è possibile agli sperimentatori intervenire in tempo reale sull’esecuzione della misura. Inoltre, questo tipo di osservatorio itinerante consente una copertura totale del cielo. La regione spettrale così esplorata è quella infrarossa e millimetrica perché, alla quota tipica di volo di circa 15 km, è in questa regione che si ha un notevole aumento della trasmissione atmosferica.
Sono strumenti montati a bordo di navicelle sollevate da palloni stratosferici, su razzi o su satelliti, senza operatori a bordo. Un osservatorio astronomico spaziale è costituito, nelle sue parti essenziali, da: un telescopio completo di sistema di rivelatori adatti alla banda di lunghezze d’onda di interesse; un sistema elettronico di elaborazione dei segnali provenienti dai rivelatori; un sistema di telecomunicazione, capace di trasmettere i segnali a terra e ricevere i comandi di gestione dell’osservatorio; e un sistema di puntamento, capace di orientare il telescopio nella direzione di cielo da osservare, con la necessaria stabilità. L’osservatorio è completato da una o più stazioni a terra, che raccolgono il personale e le apparecchiature per la gestione degli esperimenti di bordo e della navicella, l’invio dei comandi, la ricezione, memorizzazione ed elaborazione dei segnali trasmessi dall’esperimento. Le bande dello spettro elettromagnetico in cui l’atmosfera terrestre è meno trasparente sono le bande γ, X, UV e IR. La necessità di eseguire osservazioni astronomiche in queste bande ha portato alla realizzazione di un grande numero di esperimenti su pallone e razzo, e su satellite. La necessità di eseguire osservazioni particolarmente sensibili anche nel visibile, in assenza di fenomeni di disturbo atmosferico, ha portato alla realizzazione del telescopio spaziale Hubble (HST ➔ Hubble, Edwin Powell).