Per professione si intende l’attività lavorativa intellettuale o manuale esercitata in modo continuativo e abituale a scopo di guadagno. L’esercizio di alcune professioni è subordinato al conseguimento di una laurea specifica e al superamento di un esame di Stato abilitante. Tali prescrizioni, unitamente alla disciplina giuridica posta a regolamentazione della materia, mirano ad assicurare che i professionisti abbiano un’adeguata preparazione deontologica e tecnica e, nel contempo, a impedire che l’esercizio incontrollato della professione danneggi l’interesse pubblico. L’esercizio di una professione intellettuale non comporta di per sé l’acquisto della qualifica imprenditoriale, a meno che non rappresenti un elemento di una più vasta attività organizzata in forma d’impresa (art. 2238, 1° co., c.c.). Il contratto d’opera intellettuale (art. 2230 c.c.) presuppone: il carattere intellettuale della prestazione; la discrezionalità del professionista nell’eseguire la prestazione; il compimento di un’attività indipendentemente dal conseguimento di un risultato (cosiddetta obbligazione di mezzi); il carattere personale dell’incarico assunto, sebbene il professionista possa avvalersi di ausiliari e sostituti, purché ciò sia previsto dal contratto o dagli usi e sia compatibile con l’oggetto della prestazione. La scelta legislativa di esonerare le professioni intellettuali dall’applicazione dello statuto dell’imprenditore è connessa alla considerazione di cui esse godono nel contesto sociale. Infatti, non può escludersi che la professione intellettuale sia un’attività produttiva di servizi, economica e a scopo di lucro, nella quale l’organizzazione dell’altrui attività lavorativa può assumere carattere prevalente rispetto alla prestazione del professionista. Sono professioni protette quelle di notaio, avvocato, ingegnere, medico ecc., il cui esercizio è subordinato alla iscrizione in appositi albi o elenchi (art. 2229, 2° e 3° co., c.c.) tenuti dai rispettivi ordini professionali. In seguito all’abrogazione dell’art. 2 della l. 1815/1939 da parte della l. 266/1997, il contratto d’opera intellettuale può essere concluso anche da una società di capitali, se i soci esercitano professioni protette. L’art. 2 della l. n. 248/2006, in conformità con il principio comunitario di libera concorrenza, ha abrogato l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime, il divieto di pubblicità informativa sulle caratteristiche del servizio offerto e il divieto di svolgere un’attività di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti. Per quanto riguarda le professioni intellettuali e la subordinazione, lo svolgimento di prestazioni di natura intellettuale rende difficile l’individuazione degli elementi che contraddistinguono il lavoro subordinato, in quanto anche nella forma subordinata queste prestazioni si svolgono con ampi margini di autonomia. È il caso, per es., delle professioni mediche, nelle quali il lavoratore gode sicuramente di un grado di autonomia molto maggiore rispetto ad altri lavoratori subordinati. In questo caso, la giurisprudenza ritiene che si possano rinvenire i caratteri della subordinazione ogni volta che il medico sia soggetto all’esercizio del potere direttivo e disciplinare in merito ai profili organizzativi (e non al contenuto) delle prestazioni che è chiamato a rendere. Inoltre, ai fini della qualificazione giuridica di questi rapporti non si può ricorrere ai tradizionali indici del potere direttivo e disciplinare, né possono assumere rilievo elementi come la fissazione di un orario per le visite, ma l’esistenza della subordinazione dipende dalla modalità di esercizio del potere organizzativo. Se l’organizzazione è limitata al coordinamento dell’attività lavorativa con quella dell’impresa, si resta nell’alveo del lavoro autonomo; se, invece, il potere organizzativo eccede le esigenze di coordinamento, la prestazione si colloca nell’alveo del lavoro subordinato. Riguardo ad altri rapporti, la formulazione di legge è, generalmente, talmente ampia e atecnica da consentire l’utilizzo sia del lavoro subordinato, sia del lavoro autonomo. I relativi rapporti, dunque, dovranno essere qualificati come lavoro subordinato solo ove ricorrano gli ordinari criteri e indici distintivi, ovviamente adeguati alla particolarità della fattispecie.