Miscela di essenze odorose (naturali o artificiali), opportunamente dosate nei componenti in modo da ottenere un odore piacevole e caratteristico.
Alle origini offerti alle divinità, usati nei riti funebri o a contrastare i miasmi, i p. sono stati poi introdotti nella cura del corpo. La loro culla è collocata in Oriente e risultano citati nella Bibbia; la più antica formula di un p. è in un geroglifico del 3° millennio a.C. Noti a Greci ed Etruschi e abituali a Roma, a fine Repubblica, il loro uso degenerò in età imperiale: negli spettacoli circensi il popolo ne veniva cosparso. Avversati dal Cristianesimo, che però nel primo Medioevo tornò a usarne nei riti, dopo le Crociate, riscoprendo abitudini orientali, i p. furono di nuovo strumento di seduzione. Venduti dai guantai-profumieri, alla fine del 15° sec. sostituivano l’acqua nell’igiene quotidiana. Nel Rinascimento l’Italia dettava legge con Firenze e altri centri di produzione, con i muschiari di Venezia. Leonardo da Vinci suggerì il sistema moderno dell’assorbimento e delle infusioni, Caterina de’ Medici importò moda e arte del p. in Francia.
Dal 18° sec. si studiarono nuovi processi di profumazione e, alla fine dello stesso secolo, ormai in declino la profumeria italiana, in Germania si affermò l’acqua di Colonia (prodotto italiano del 17° sec). Sotto Napoleone, che all’uso di dette acque aggiungeva bagni frequenti, fu forse il fiorentino Tombarelli a fare di Grasse, in Francia, culla di materie prime naturali, la città dei profumi. Sempre in Francia sono nati i concrètes, p. compatti da cere naturali di fiori; le essenze anche con fiori esotici e le acque di colonia che, ritenute ancora dei curativi, si bevevano o si usavano per massaggi e frizioni.
Alla fine del 19° sec., più che attraverso formule ‘alchemiche’, è la chimica a trasformare l’arte del p. ampliandone la gamma grazie alle molecole di sintesi. J.-M.-F.Coty e P.-F.-P. Guerlain hanno siglato la nuova era, prima che la profumeria diventasse dominio dei couturiers che, più famosi dei profumieri tradizionali, aprirono profumerie nei loro ateliers: tra i primi P. Poiret, nel 1911, e C. Chanel, dieci anni dopo con il N° 5. Tranne le grandi case, che hanno un proprio profumiere-creatore, l’industria del p. dipende da marchi della profumeria e società specializzate che lavorano per griffe della moda o celebrità. Per loro curano il p. in ogni fase: dall’essenza al disegno degli artistici flaconi, dalla distribuzione alla pubblicità, studiando p. stagionali o adatti alle diverse ore del giorno e coprendo ancor più largamente che nei secoli passati il mercato maschile.
Commercialmente i p. si distinguono in gruppi e sottogruppi olfattivi: agrumati, fioriti, speziati, legnosi (i cosiddetti p. boschivi), ciprati (da Chypre, di Coty del 1917, con muschio bianco, patchouli e bergamotto), ambrati (p. orientali, con essenze animali e vaniglia), e ancora tabacco, cuoio (dalle note secche e floreali insieme), fougère (con accordi vari di lavanda, geranio, cinnamomo, boschivi ecc.), acquatici e marini, aldeidati.
In base alla volatilità, si hanno odori di punta, di base e fissi, a seconda che durino ore, giorni o svaniscano lentamente.
Le materie prime di base usate nella preparazione dei p. sono costituite da prodotti naturali, di origine sia vegetale sia animale, e sintetici; a queste sostanze odorose si aggiungono poi coloranti, eccipienti e, specialmente importanti, i fissatori, o fissativi, costituiti da sostanze (vegetali o animali) che intensificano o trattengono l’odore.
I prodotti odorosi vegetali sono costituiti dagli oli essenziali (e dalle loro soluzioni alcoliche); questi oli sono presenti nei fiori, nei frutti, nella scorza dei frutti, nei semi, nelle foglie, nei rizomi, nella corteccia, nei prodotti di secrezione di numerose piante. Si estraggono per distillazione, per spremitura, per estrazione con solvente, per macerazione, per infusione. Alcuni sono liquidi, altri sono di consistenza butirrosa. Questi oli essenziali contengono anche impurezze e componenti inodori o poco odorosi (terpeni, sesquiterpeni); a seconda del trattamento subito possono perciò essere depurati o no, distillati, rettificati, deterpenati. Gli oli essenziali noti sono alcune migliaia, quelli che hanno interesse commerciale sono però poche decine (per es., bergamotto, citronella, geranio, lavanda). I prodotti odorosi di origine animale sono costituiti da secrezioni ghiandolari di alcuni animali (castorea, muschio, zibetto) o da altre secrezioni.
Lo sviluppo della chimica organica ha consentito la sintesi di composti odorosi, sia di alcuni presenti negli oli essenziali sia di altri non ancora riscontrati in natura. Le sostanze odorose sintetiche sono messe in commercio tali e quali oppure sotto forma di miscugli più o meno complessi (essenze artificiali); la sintesi completa degli oli essenziali è però difficile, tenuto conto che essi di solito sono costituiti da alcuni componenti fondamentali accompagnati da piccole quantità di numerosi altri composti (nell’essenza di rose sono stati isolati oltre 220 componenti). Queste sostanze odorose sintetiche appartengono alla classe degli alcoli (benzilmetilico, cinnamico, decilico, dodecilico, eptilico, fenilbutilico, feniletilico), esteri (acetato, butirrato, propionato, valerianato ecc. di butilfenile, di cinnamile, di cresile, di geranile, di linalile, di ottile), eteri (p-cresol-butilico, p-cresol-metilico, β-naftol-etilico, β-naftol-metilico, ossido di benziletile, ossido di cresile), aldeidi (anisica, benzoica, cinnamica, cumarica, fenilacetica, nonilica, ottilica ecc.), chetoni (benzilidenacetone, pulegone), lattoni, fenoli ecc., e non c’è una correlazione fra struttura e caratteristiche odorose.
I p. si possono usare sotto forma di soluzioni alcoliche più o meno concentrate (estratti ecc.), oppure di soluzioni idroalcoliche (acqua da toeletta, dopobarba ecc.); sono usati anche in aerosol e per preparare polveri profumate, creme, saponi, cosmetici ecc. Data la complessità delle formulazioni e delle diverse tecniche utilizzabili per la loro preparazione, risulta fondamentale la conoscenza delle caratteristiche chimico-fisiche delle materie prime. Infatti diversi componenti, potendo influenzarsi reciprocamente e modificare l’evaporazione dei composti più volatili, diventano determinanti per l’ottenimento dell’effluvio finale e, quindi, per la qualità del prodotto. Un p. di qualità deve avere una buona persistenza nel tempo, nel senso che deve conservare più a lungo possibile, e senza modifiche, le originali proprietà olfattive; inoltre, onde evitare rischi per la salute del consumatore nelle normali condizioni di impiego, risulta fondamentale la perfetta conoscenza delle proprietà tossicologiche e dermatologiche sia dei singoli componenti che del prodotto finale. La produzione e il commercio dei p., così come degli altri cosmetici, sono regolamentati in Italia dalla l. 713/11 ottobre 1986 (e successive modifiche).